Quaderno del 29 marzo 2018
DOSSIER
3. L'attività delle istituzioni europee e delle reti di Regioni
3. La Commissione europea
Il 9 marzo, nel corso di un seminario tecnico sul futuro della politica di coesione organizzato presso il CINSEDO, Nicola De Michelis, capo di gabinetto del commissario Corina Cretu (Politica regionale), ha confermato che il prossimo 2 maggio la Commissione pubblicherà le proprie proposte sul Quadro Finanziario Pluriennale e quelle sul pacchetto legislativo saranno rese note entro il 29 maggio. Ha inoltre fornito alcuni orientamenti del gabinetto della commissaria e della direzione Politica regionale sulle proposte legislative, tuttora in fase di confronto con le altre Direzioni generali e con il presidente della Commissione e, dunque, suscettibili di variazioni e di modifiche nello spazio di tempo che ancora ci separa dalla presentazione delle proposte ufficiali.
In ogni caso, gli scenari “provocatori” diffusi qualche settimana dalla CE e discussi al vertice informale del 23 febbraio (si veda il successivo punto, in proposito) hanno avuto l’effetto di far emergere una posizione, concorde e condivisa, sul fatto che la politica di coesione debba continuare ad essere rivolta a tutte le regioni della UE; al centro della discussione resta però l’ammontare di risorse che ad essa saranno dedicate. In particolare il confronto verterà sulla dimensione del bilancio (in genere rapportata in percentuale al PIL della UE: una possibile proposta potrebbe partire dal 1.1% del RNL UE ossia 975 Mld di euro) e alla dotazione che avranno le nuove priorità emergenti (frontiere esterne, difesa, immigrazione) nonché le politiche a gestione diretta (Ricerca, Erasmus) per le quali sembra certo un deciso aumento di risorse. In ogni caso, la politica di coesione potrebbe avere un ruolo chiave nel confronto sul futuro budget 2021-2027 perché consente di verificare immediatamente quali sono i ritorni per ciascuno Stato membro.
Anche il piano più tecnico, ossia quello sul funzionamento della futura politica di coesione, che sarà disposto nelle proposte regolamentari, è tuttora in discussione fra le Direzioni generali competenti della CE. Gli orientamenti della DG REGIO sembrano piuttosto innovativi su diversi aspetti.
In particolare sui criteri di attribuzione delle risorse fra gli Stati membri, il mix di indicatori che la CE potrebbe proporre dovrebbe portare ad un superamento del PIL e all’utilizzo di indicatori sociali (tasso di povertà), relativi all’istruzione e al mercato del lavoro. Ad una prima valutazione essi potrebbero avvantaggiare l’Italia e le regioni che in questi anni hanno perso competitività e sarebbero penalizzate rispetto all’est Europa in un riparto basato solo sul PIL. Sarebbe inoltre superata la distinzione delle regioni in “categorie” (più sviluppate, in ritardo e in transizione) introducendo un meccanismo lineare di posizionamento che potrebbe avere, fra l’altro, l’effetto di non penalizzare le regioni con il “sostegno transitorio”.
Riguardo alla concentrazione gli obiettivi tematici dovrebbero essere notevolmente ridotti nel numero; la concentrazione tematica dovrebbe essere assicurata a livello nazionale, il FSE potrebbe avere un proprio Obiettivo tematico di riferimento comprendente mercato del lavoro, istruzione, politiche sociali, infrastrutture sociali. E proprio riguardo al Fondo sociale europeo pemane l’ipotesi di raggruppare in un unico strumento i diversi interventi che oggi a vario titolo incidono sulle persone legato fortemente al Pilastro EU dei diritti sociali. È probabile nella proposta di bilancio una pre-allocazione finanziaria per il Fondo (una sorta di sotto-rubrica) per garantirne visibilità e dotazione finanziaria minima.
Per quanto riguarda la condizionalità ex ante sono allo studio diverse ipotesi che comprendono il rispetto dello stato di diritto, meccanismi di incentivo per gli SM che si sono fatti carico della questione migratoria, la realizzazione delle riforme strutturali. Su questo ultimo punto sembra ineludibile la creazione di un fondo dedicato a gestione diretta della CE.
Sul versante finanziario e gestionale si pensa ad un ritorno all’n+2 sul disimpegno automatico, ad una riduzione del prefinaziamento, ad un tasso di contribuzione UE più basso e unico per SM, ad una diversa ammissibilità dell’IVA, alla semplificazione del sistema dei controlli. Inoltre, pur mantenendo una programmazione settennale, potrebbe essere proposto un più flessibile orizzonte temporale di programmazione cinque anni più altri due, con l’obiettivo di svolgere nel 2024 una verifica sulla necessità di riprogrammazione.
Infine, riguardo ai tempi del futuro negoziato l’obiettivo, estremamente ambizioso e difficile, è quello di pervenire ad un accordo sul bilancio entro marzo 2019; in ogni caso a livello tecnico si stanno elaborando proposte volte ad accelerare il più possibile l’avvio del nuovo periodo, dunque semplificando la transizione fra i programmi e la chiusura dell’attuale programmazione nonché l’avvio del confronto di merito sui contenuti dei nuovi programmi già alla fine di quest’anno.