prima pagina indice del numero stampa questa pagina esporta in pdf Quaderno del 31 marzo 2015

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3 - Proposte delle Regioni e Province Autonome


3 - Proposte delle Regioni e Province Autonome

Le Regioni intendono rilanciare una propria funzione propulsiva sul tema dell’organizzazione dei servizi per il lavoro, a partire dalla condivisione con l’amministrazione centrale di un’agenda condivisa e tempestiva di lavoro.

In questa direzione, il modello di governance proposto dalle Regioni è un Sistema nazionale del lavoro, basato sulla necessità di un quadro di riferimento comune a livello nazionale che può essere declinato a livello territoriale, nel rispetto dei Livelli Essenziali delle Prestazioni che devono valere, senza discriminazioni, su tutto il territorio nazionale.

La proposta di riforma dovrebbe salvaguardare le soluzioni organizzative adottate a livello regionale, laddove efficaci, in termini di risultati misurabili. Il modello dovrebbe prevedere la funzione di programmazione e gestione dei servizi in capo alle Regioni che sono responsabili dell’organizzazione degli interventi sul territorio, con il coinvolgimento degli operatori pubblici e privati accreditati.

In questo modello sono ben definite le competenze e i compiti integrati dello Stato e delle Regioni, a partire dall’attribuzione al livello centrale dei compiti relativi alla garanzia, verifica e controllo a livello centrale dei LEP e degli standard dei servizi, che siano comprensivi del personale preposto e delle risorse finanziarie necessarie alla sostenibilità del sistema, tenendo conto dei processi riorganizzativi in atto, e del mantenimento in capo alle Regioni delle politiche attive.

In particolare, sono competenze del livello centrale:

a) i livelli essenziali delle prestazioni dei servizi competenti;

b) gli standard minimi dei servizi, il personale minimo che deve essere garantito e le risorse da destinare;

c) i principi fondamentali per l’accreditamento degli operatori pubblici e privati;

d) i criteri per l’accertamento e la perdita dello stato di disoccupazione;

e) la disciplina degli ammortizzatori sociali;

f) i principi e i criteri direttivi per l’implementazione di un sistema nazionale informativo in materia di lavoro;

g) il sistema di  monitoraggio e valutazione degli interventi e dei risultati ottenuti;

h) l’assistenza tecnica alle Regioni;

i) in casi eccezionali, la possibilità di un affiancamento da parte del Ministero del Lavoro e delle sue Agenzie strumentali e eventuali condivisi interventi di sussidiarietà.

Andranno affrontati, inoltre, i problemi del ruolo e delle funzioni di Italia Lavoro e Isfol all’interno del Sistema Nazionale del lavoro.

D’altra parte, una volta definiti a livello nazionale tali obiettivi e standard da perseguire, le funzioni di programmazione e attuazione degli interventi inerenti il mercato del lavoro e l’occupazione debbono rimanere appannaggio delle Regioni, in modo da renderli coerenti con le caratteristiche dei sistemi produttivi locali e le dinamiche domanda-offerta di lavoro a livello territoriale.

Nell’ambito delle proprie prerogative in materia di organizzazione, ciascuna Regione può istituire Agenzie regionali, di diretta emanazione dell'ente Regione, o altro modello di governance anche attraverso una rete di soggetti accreditati, in grado di assicurare un adeguato livello di servizi per lo svolgimento delle seguenti funzioni:

a) i servizi connessi alle funzioni e ai compiti relativi al collocamento e all'incontro fra domanda e offerta di lavoro;

b) i servizi connessi ai compiti di gestione in materia di politiche attive del lavoro;

c) gli interventi di prevenzione della disoccupazione;

d) le attività di orientamento e quelle relative all’obbligo di istruzione;

e) la gestione del sistema informativo del lavoro regionale nel quadro degli standard e delle procedure definite per il sistema informativo nazionale;

f) la collaborazione con le altre agenzie regionali, con il Ministero, con altri enti pubblici e istituzionali.

Le Agenzie regionali o la governance di soggetti accreditati sarebbero pertanto chiamate a dare attuazione alle politiche del lavoro e ad assicurare il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni nei rispettivi territori, nonché all’articolazione territoriale dei servizi.

Appare indispensabile mantenere a livello regionale anche le funzioni in materia di formazione, visto il ruolo fondamentale delle Regioni in materia di formazione e lo stretto legame con le politiche attive del lavoro; come già ricordato, infatti, la dicotomia tra i servizi occupazionali e i servizi formativi, ora replicata nei progetti di riforma costituzionale, non appare comprensibile e giustificabile su un piano di efficace funzionamento del sistema.

Puntando inoltre all'obiettivo di semplificazione e di miglioramento della qualità del servizio rivolto ai cittadini, in via inizialmente sperimentale e poi progressiva, anche alla luce delle previsioni del Jobs Act in merito all’Agenzia nazionale, le Agenzie regionali potrebbero gestire anche le politiche passive, integrandosi con la costituenda Agenzia nazionale, nonché stipulando specifici accordi con l’INPS, al fine di orientare i lavoratori alla ricollocazione e di sostenere con forme di sostegno al reddito chi si trova fuori dal mercato del lavoro. Si tratta di un passaggio necessario ai fini di realizzare il principio di condizionalità tra politica attiva ed erogazione di un sussidio, così come avviene nella maggior parte dei Paesi europei.

La costituzione di un sistema nazionale del lavoro potrebbe essere l’occasione per affrontare le criticità attualmente presenti in termini di risorse umane e finanziarie. Criticità che purtroppo non trovano risposta nella previsione del Jobs Act che il riordino del sistema debba avvenire a parità di risorse, nonché tenendo conto degli stanziamenti previsti dall’articolo 1, comma 107 della legge di stabilità 2015 per il sostegno complessivo dell’intero provvedimento.

Ciò appare del tutto incoerente con l'obiettivo di dare al nostro paese standard europei nelle politiche attive e nei servizi per il lavoro, considerato che l’Italia mostra il più basso rapporto tra numero di operatori dei servizi per l’impiego e disoccupati (come ricordato, 1 operatore/ogni 254 utenti), con differenze molto rilevanti rispetto agli altri Paesi europei con caratteristiche simili alle nostre, quali la Germania, la Francia e il Regno Unito (10). Analoghe differenze, peraltro, si riscontrano anche in relazione alla spesa pubblica destinata ai servizi per il lavoro, che ha registrato negli ultimi anni livelli significativamente più bassi (nel 2011, pari al 0,03 % del PIL) di quanto avvenuto in ambito europeo, dove al contrario sono state investite risorse finanziarie per le politiche attive e per i servizi di collocamento (11).

La nuova governance dei servizi per il lavoro richiederebbe nuove risorse e un investimento sul personale operante nei servizi per il lavoro, di cui una componente non certo marginale è costituita da lavoratori con elevate e specifiche professionalità, ma impiegati con contratti a termine. Allo stesso modo vanno valorizzati i modelli di governance territoriale che offrono un adeguato livello di servizi con un’organizzazione in cui concorrono operatori pubblici e operatori privati.

Su questi aspetti il legislatore nazionale dovrebbe intervenire con urgenza, piuttosto che mettere mano al quadro delle competenze costituzionali.

Dovrebbe affrontare il nodo delle risorse necessarie per il riassetto ed il rilancio dei servizi per l'impiego, a partire dal tema centrale delle modalità attraverso le quali risorse di bilancio e risorse umane delle Province saranno trasferite ai nuovi gestori dei servizi, superando la situazione di profonda incertezza che da tempo vivono questi lavoratori.

Alcune Regioni stanno predisponendo il passaggio di competenze, approvando leggi che prevedono l'istituzione dell'Agenzia regionale del lavoro nella quale far confluire competenze e personale dei servizi per l'impiego provinciali, che potrebbe divenire il soggetto unico per la gestione delle politiche attive e della formazione.

L’auspicio è, comunque, di evitare ritorni al passato e centralismi che spesso, invece di aiutare ad una crescita unitaria e dei servizi in tutto il paese, producono un livellamento verso il basso delle prestazioni e che si possa arrivare ad un sistema nazionale del lavoro profondamente radicato nei territori. In tale direzione, si può garantire la massima efficacia degli interventi, la continuità dei servizi del lavoro, oltre che il pieno coinvolgimento e l’integrazione con la rete dei soggetti privati e istituzionali necessaria per la promozione dell’occupazione.

Le Regioni colgono l’occasione per sollecitare l’immediata apertura del confronto con il Governo sulla definizione dei contenuti del decreto attuativi del Jobs Act relativamente al sistema nazionale del lavoro.

In particolare, le Regioni ritengono necessario intraprendere da subito un percorso condiviso con il livello centrale per trovare soluzioni omogenee finalizzate a garantire, nell’immediato, l’effettiva funzionalità dei servizi per il lavoro per il 2015 e la messa a regime di un sistema nazionale del lavoro, in cui siano chiariti e specificati i ruoli di ciascun soggetto istituzionale e siano affrontate le problematiche relative alla copertura finanziaria del sistema.

A tal riguardo, fermo restando la necessità di verificare l’effettiva disponibilità delle risorse del FSE per interventi specifici e di durata limitata, si ribadisce che l’utilizzo di tali risorse dovrà essere coerente con i vincoli tecnici posti dalla normativa comunitaria, da verificare in prima battuta in un confronto con il Governo e, se del caso, con le istituzioni europee; ad ogni modo, le Regioni richiamano l’attenzione sul carattere certamente non risolutivo del contributo che può derivare da tali risorse.


Note:

(10): Da elaborazioni svolte su dati Eurostat, Istat e del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, riferiti all’anno 2011, risulta che il rapporto è pari ad un operatore su 19 disoccupati in Gran Bretagna, ad un operatore su 54 utenti in Francia e un operatore su 28 utenti in Germania. Fonte: Censimento Ministero del lavoro Utenti registrati che hanno effettuato la DID nel 2012.

(11): Dai dati Eurostat riferiti all’anno 2011, emerge una spesa pubblica per il sistema dei servizi per il lavoro in percentuale sul PIL pari a 0,25% per la Francia, a 0,35 % per la Germania e a 0,21 per il Regno Unito, contro la percentuale dell’Italia che, come rilevato, si attesta solo sullo 0,03% del PIL.