prima pagina indice del numero stampa questa pagina esporta in pdf Quaderno del 22 dicembre 2015

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1. Il decreto legislativo n. 150/2015 e i servizi per il lavoro


1. Il decreto legislativo n. 150/2015 e i servizi per il lavoro


Glossario:

Sono i livelli essenziali delle prestazioni, concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti al cittadino su tutto il territorio nazionale. Secondo la Costituzione, la determinazione dei LEP rientra nelle materie in cui lo Stato ha una competenza legislativa esclusiva.

Fonte: Art. 117, comma 2 lettera m) della Costituzione.



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L’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) è prevista dalla legge n. 183/2014 (cd. Jobs Act) e istituita, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dall’articolo 4 del D. Lgs. 150/2015. L’ANPAL esercita, nel rispetto delle competenze costituzionalmente riconosciute alle Regioni ed alla Province Autonome,  il ruolo di coordinamento della Rete Nazionale dei servizi per le politiche del lavoro, costituita da soggetti pubblici e privati. Fanno parte della Rete le strutture regionali per le politiche attive del lavoro, l’INPS, l’INAIL, le Agenzie per il lavoro e gli altri soggetti autorizzati all’attività di intermediazione, i fondi interprofessionali per la formazione continua e i fondi bilaterali,  Italia Lavoro e ISFOL, nonché il sistema delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, dalle università e dagli altri istituti di scuola secondaria di secondo grado.

L’ANPAL, che opera sotto l’indirizzo e la vigilanza del Ministero, è chiamata a svolgere, oltre alle funzioni di coordinamento su scala nazionale dei soggetti attuatori delle misure per incentivare l’occupazione, compiti di proposta e di definizione di standard e di metodologie in relazione all’erogazione delle politiche attive, di gestione integrata del sistema informativo unitario delle politiche del lavoro e di programmi di riallineamento per il rispetto dei LEP.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali fisserà linee di indirizzo triennali ed obiettivi annuali in materia di politiche attive e definirà i livelli minimi che le prestazioni devono avere su tutto il territorio nazionale.



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Sviluppando le previsioni della legge delega - che statuiva esplicitamente il mantenimento in capo alle Regioni e alle Province autonome delle competenze in materia di programmazione di politiche attive del lavoro - il decreto legislativo n. 150/2015 definisce il nuovo quadro di riferimento giuridico dei servizi per l’impiego pubblici e privati, modificando in modo radicale le basi normative, i principi e i criteri operativi che hanno fino ad oggi guidato questa materia. In questa circostanza – e senza alcuna pretesa di esaustività – ricordiamo, in sintesi, solo alcuni elementi di rilievo a carattere macroscopico, rinviando ad altre sedi la disamina di ulteriori profili del provvedimento, afferenti a diverse tematiche.

In principio, si segnala che le modifiche intervenute sono vigenti e quindi immediatamente applicabili a decorrere dal 24 settembre 2015, in quanto il provvedimento non prevede un periodo transitorio per un passaggio graduale dalla vecchia alla nuova disciplina, con la necessità di un raccordo funzionale tra le diverse norme e la conseguente difficoltà, sul piano gestionale, di colmare gli eventuali vuoti legislativi seguendo indirizzi e comportamenti omogenei.

D’altra parte, il decreto legislativo necessita per la sua reale operatività di diversi atti di secondo livello, in primis un decreto ministeriale per la specificazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) dei servizi per il lavoro, ai sensi dell’articolo 2, e di un’adeguata strumentazione tecnica, metodologica e informatica. Tali adempimenti, tuttavia, gravano in via prevalente anche sull’ANPAL, che ai sensi del dettato normativo esisterà – o quanto meno dovrebbe esistere - solo dal 1° gennaio 2016.  Il combinato disposto di tali fattori, normativi e fattuali, fa sì che, al momento, una parte sostanziale del D. Lgs. n. 150/2015 non può ancora essere compiutamente applicata e implementata né a livello nazionale, né sui territori regionali. In questo senso, Regioni e amministrazioni centrali stanno individuando soluzioni temporanee condivise per gestire il periodo di transizione, in attesa della messa a regime del sistema.

Sul piano di merito, è opportuno passare in breve rassegna il provvedimento partendo dalla sua “fine”: tra le disposizioni finali, infatti, l’articolo 34 sancisce l’abrogazione espressa delle norme cardine di funzionamento del sistema, tra cui il D. Lgs. n. 469/1997 - che ha rappresentato il pilastro per la costruzione dell’assetto organizzativo decentrato dei servizi per l’impiego - e il D. Lgs. n. 181/2000 e s.m.i. - che ha costituito, negli anni, la cornice nazionale di riferimento per l’attuazione, sul territorio, del complesso di attività a carattere amministrativo e preventivo poste in atto dai CPI e dagli altri servizi competenti, per l’acquisizione, la verifica, il mantenimento e la perdita dello status di disoccupazione, la disciplina delle procedure di incontro tra domanda e offerta di lavoro e l’erogazione delle misure di politica attiva ai cittadini. Attraverso questa soppressione, viene superata, quanto meno sul piano formale, la nozione di “servizi competenti” che, ad oggi, ha costituito uno dei capisaldi della regolazione regionale del mercato del lavoro (1).

Sotto il profilo della governance del sistema, il provvedimento all’articolo 1 prevede la costituzione di una rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro, che vede la partecipazione di diversi soggetti -  pubblici e privati accreditati, di natura istituzionale e non - tra cui l’ANPAL e le strutture regionali per le politiche attive del lavoro.

In linea generale, nel modello prefigurato dal decreto al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali spetta il compito di indirizzo del sistema, di definizione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di politiche attive del lavoro, validi per tutto il territorio nazionale e di monitoraggio sulle politiche e sugli interventi occupazionali. All’ANPAL, sotto l’indirizzo e la vigilanza del ministero, sono affidate funzioni di coordinamento su scala nazionale della rete degli enti attuatori delle misure per incentivare l’occupazione, di definizione di standard di servizio e di metodologie in relazione all’erogazione delle politiche attive, di gestione integrata del sistema informativo unitario delle politiche del lavoro e di programmi di riallineamento per il rispetto dei LEP. La gestione operativa delle politiche attive e la responsabilità dei centri per l’impiego resta affidata in capo alle Regioni e Province autonome, che sono chiamate dall’articolo 11 e dall’articolo 18, comma 1, a costituire propri uffici territoriali, denominati Centri per l’Impiego (di seguito, CPI). 

Il nuovo alveo giuridico in cui si deve svolgere l’attività dei “nuovi” CPI territoriali è rappresentato dal combinato disposto di diverse norme; tra le più rilevanti, si ricordano:

- gli articoli 11, 12 e 18, che riguardano rispettivamente l’organizzazione territoriale del sistema, il regime di accreditamento dei servizi per il lavoro, con la costituzione di un albo nazionale, per l’interazione tra pubblico e privato, i servizi e le misure di politica attiva che le Regioni direttamente tramite i CPI, ovvero tramite i soggetti accreditati, sono chiamate ad erogare ai disoccupati, ai lavoratori percettori di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro ed ai lavoratori a rischio di disoccupazione (alla luce della nuova definizione dello stato di disoccupazione stabilita nell’articolo 19);

- le disposizioni contenute negli articoli 20, in materia di patto di servizio personalizzato, e negli articoli 21 e 22 in materia di condizionalità, cui si affianca la previsione dell’articolo 26, sull’utilizzo ai fini di pubblica utilità dei lavoratori percettori di strumenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro;

- la disciplina e le modalità di finanziamento dell’assegno di ricollocazione, delineate negli articoli 23 e 24;

- la definizione delle infrastrutture di servizio necessarie al funzionamento del sistema, a partire dalla realizzazione di un sistema informativo unitario delle politiche del lavoro e del fascicolo elettronico del lavoratore, prevista negli articoli 13 e 14, per il coordinamento dei sistemi informativi;

- La determinazione, ad opera del ministero del Lavoro e su proposta dell’ANPAL, del concetto di offerta di lavoro congrua, ai sensi dell’articolo 25.

A monte di questo impianto, si pone l’articolo 11, che dispone la sottoscrizione di convenzioni bilaterali tra il ministero del Lavoro e ciascuna Regione e Provincia autonoma, finalizzate a regolare i relativi rapporti e obblighi in relazione alla gestione dei servizi per il lavoro e delle politiche attive del lavoro nel territorio, allo scopo di garantire livelli essenziali di prestazioni attraverso meccanismi coordinati di gestione amministrativa. Il contenuto della convenzione, nel dettato normativo, deve conformarsi ai principi esplicitati nel provvedimento, tra cui si conferma primariamente l’attribuzione delle funzioni amministrative in materia di politiche attive del lavoro alle Regioni, che sono tenute a garantire l’esistenza e la funzionalità di uffici territoriali aperti al pubblico (CPI). Le strutture regionali sono, dunque, chiamate ad individuare le misure di attivazione rivolte ai beneficiari di ammortizzatori sociali residenti nel territorio - ai fini dell’applicazione del meccanismo di condizionalità - e sono responsabili dello svolgimento in forma integrata degli interventi di politica attiva del lavoro codificati nell’articolo 18, che i CPI sono tenuti ad erogare agli utenti (disoccupati, ai lavoratori percettori di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro ed ai lavoratori a rischio di disoccupazione), al fine della costruzione di percorsi personalizzati per l’inserimento/reinserimento nel mercato occupazionale.

Accanto a tali misure di politica attiva, la convenzione bilaterale deve specificare l’attribuzione in capo alle Regioni delle funzioni relative al collocamento delle persone con disabilità (ex legge n. 68/1999) ed all’avviamento a selezione presso la pubblica amministrazione (ex articolo 16 della legge n. 56/1987), ovvero l’affidamento in parte di tali funzioni alla istituenda ANPAL. Resta fermo un principio di universalità, per cui i servizi e le misure di politica attiva del lavoro debbono essere resi disponibili a tutti i residenti sul territorio italiano, a prescindere dalla Regione/Provincia autonoma di residenza.  Resta, inoltre, ferma l’identificazione a livello regionale della strategia per l’occupazione, in coerenza ad ogni modo con gli indirizzi e gli obiettivi impartiti a livello centrale nell’ambito del decreto ministeriale con cui dovranno essere assunti i LEP, previa intesa della Conferenza Stato –Regioni.

Si richiamano, infine, due punti di attenzione. Il primo attiene al citato articolo 18, che reca appunto un’elencazione di misure preventive e di rafforzamento dell’occupabilità, a valere sulle Regioni e Province autonome, in sostanziale continuità con le attività che, in tanti anni, hanno sostanziato sui territori l’operato dei servizi per il lavoro, seppur con qualche elemento di innovazione. Le attività da porre in essere riguardano, essenzialmente:

- l’orientamento di base, l’analisi delle competenze in relazione alla situazione del mercato del lavoro locale e la profilazione dell’utente;

- l’ausilio alla ricerca di una occupazione, entro tre mesi dalla registrazione;

- l’orientamento specialistico e individualizzato, mediante il bilancio delle competenze e l’analisi degli eventuali fabbisogni in termini di formazione e delle esperienze di lavoro;

- l’orientamento individualizzato all’autoimpiego e il tutoraggio per le fasi successive all’avvio dell’impresa;

- l’avviamento ad attività di formazione ai fini della qualificazione e riqualificazione professionale, dell’autoimpiego e dell’immediato inserimento lavorativo;

- l’accompagnamento al lavoro, anche attraverso l’utilizzo dell’assegno individuale di ricollocazione;

- la promozione di esperienze lavorative ai fini di un incremento delle competenze, anche mediante lo strumento del tirocinio;

- gli incentivi all’attività di lavoro autonomo e alla mobilità territoriale.

Alcune misure, peraltro, appaiono oggi codificate e universalizzate a seguito della loro sperimentazione nell’ambito del Programma Garanzia per i Giovani. Il Jobs Act le rilancia oggi e le colloca al cuore del sistema nazionale delle politiche del lavoro, sancendone il carattere di livelli essenziali delle prestazioni in materia (articolo 28 del decreto legislativo), accanto alle disposizioni in materia di patto di servizio personalizzato, sia per la generalità dei lavoratori disoccupati (ex articolo 19) che per i percettori di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione (ex articolo 21, comma 1), e in materia di assegno di ricollocazione (ex articolo 23).

Il secondo punto di attenzione è connesso al primo e concerne il rapporto tra CPI pubblici e operatori privati accreditati. Come testé rilevato, con l’articolo 12, pur confermando l’assetto territoriale dei regimi di accreditamento - mantenendo, in tal senso, il riferimento all’articolo 7 del decreto legislativo n. 276/2003 - si prevede l’emanazione di un decreto ministeriale, previa intesa della Conferenza Stato – Regioni, per la definizione dei criteri generali in materia di accreditamento. 

Lo stesso articolo, inoltre, dispone l’istituzione ad opera dell’ANPAL di un albo nazionale dei soggetti accreditati a svolgere funzioni e compiti in materia di politiche attive, nel quale saranno iscritte le agenzie per il lavoro che opereranno su tutto il territorio nazionale e quelle che intendono operare a livello regionale per le Regioni che non hanno ancora istituito un regime di accreditamento.

Viene, pertanto, recepita l’impostazione, proposta dalle Regioni nel corso del negoziato sul testo del provvedimento, finalizzata a salvaguardare la territorialità e la governance regionale sull’accreditamento, attraverso un principio di sussidiarietà del sistema nazionale per gli operatori privati operanti in quelle amministrazioni che non intendono disciplinare il regime.

A tal riguardo, giova ricordare che l’articolo 18 sancisce espressamente, al comma 2, la facoltà delle Regioni di erogare le attività di politica attiva, ivi menzionate, mediante il coinvolgimento dei soggetti privati accreditati, accanto ai CPI, secondo i costi standard definiti dall’ANPAL e garantendo, ad ogni modo, la libertà di scelta all’utente dei servizi. Fanno eccezione, a tale principio, alcune attività che le legge riserva espressamente al pubblico e riguardanti, nello specifico, la presa in carico dell’utente, tramite la presentazione e/o convocazione della persona presso il CPI, la sua profilazione e la stipula del patto di servizio personalizzato (a norma dell’articolo 20) e il rilascio da parte del CPI dell’assegno di ricollocazione ad esito della procedura di profiling (a norma dell’articolo 23, comma 2). 

Rispetto a tale disposizione, è opportuno menzionare in questa sede un punto di non trascurabile rilevanza, emerso nell’ambito del negoziato tra le Regioni e le amministrazioni centrali. Si tratta dell’inserimento, su richiesta delle Regioni, di un comma 4 all’articolo 11, finalizzato a regolare la fase transitoria della gestione dei servizi per il lavoro, alla luce dell’attuale assetto costituzionale che – almeno fino a nuove modifiche - registra ancora la competenza e l’autonomia regionale sulla regolazione e sull’organizzazione del mercato del lavoro. La richiamata disposizione prevede, infatti, la possibilità per le singole convenzioni bilaterali di modulare diversamente il coinvolgimento dei soggetti accreditati su ciascun territorio, ai fini dello svolgimento di compiti e funzioni in materia di politiche attive che, a regime, saranno configurati ai sensi dell’architettura organizzativa e delle modalità di interazione delineate nell’articolo 18.

Pertanto, in concreto, nei prossimi due anni – come si vedrà a breve, tale è in prima facie la valenza temporale dello strumento, come pattuita nel confronto tecnico/politico tra le Regioni e l’amministrazione centrale - le convenzioni regionali potranno prevedere e modulare differentemente il grado di partecipazione dei soggetti accreditati alle rete territoriale dei servizi per il lavoro, anche in parziale deroga alle nuove previsioni del D. Lgs. n. 150/2015 e mantenendo (del resto in coerenza con modelli di servizio già esistenti e funzionanti) in capo ai privati anche attività, quali la definizione del patto di servizio, che ad oggi la nuova normativa nazionale affida in via esclusiva al pubblico. Questa linea di tendenza si sta di fatto consolidando sul versante di alcune convenzioni bilaterali ad oggi sottoscritte/in via di sottoscrizione, nell’ambito dei contenuti a geometria variabile dello strumento.


Note:

(1): Per una disamina generale sull’assetto dei servizi per il lavoro, prima dell’intervento della riforma, si rimanda al Dossier “Servizi per il lavoro: stato dell’arte e ipotesi di riforma”, Quaderni di Tecnostruttura del 28 giugno 2013.