prima pagina indice del numero stampa questa pagina esporta in pdf Quaderno del 28 giugno 2013

+T -T APPROFONDIMENTI - Appalti

Criteri socio/ambientali negli appalti


Conclusioni

In linea generale dalle considerazioni sopra svolte emerge che allo stato attuale esistono margini di flessibilità che consentono l’introduzione di clausole sociali ed ambientali nell’ambito degli appalti pubblici.

La Direttiva comunitaria (Direttiva CE 18/2004), come evidenziato, già a partire dai consideranda sancisce la possibilità che i criteri in materia ambientale e sociale possano essere considerati dalle stazioni appaltanti a condizione che essi siano collegati all’oggetto dell’appalto e rispettino i principi fondamentali di parità di trattamento e non discriminazione. Nell’articolato poi previsioni specifiche si riscontrano in merito alle possibilità di introdurre criteri di protezione ambientale e sociale nelle fasi di: definizione dell’oggetto dell’appalto e delle specifiche tecniche, selezione dei concorrenti, aggiudicazione ed esecuzione del contratto.
Sul piano nazionale, quantunque il codice degli appalti stabilisca come criterio generale (art. 2.1, DLgs 163/2006) che l’affidamento e l’esecuzione degli appalti debba avvenire garantendo il rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività, lo stesso prevede al contempo degli spazi di deroga a tale principio. In particolare il comma 2 del citato articolo stabilisce che il principio di economicità può essere subordinato, entro i limiti in cui sia espressamente consentito dalle norme vigenti e dal codice, ai criteri, previsti dal bando, ispirati ad esigenze sociali e  alla tutela dell’ambiente.

Nel testo sono dunque presenti più disposizioni nelle quali si precisa che i committenti pubblici possono imporre condizioni per promuovere obiettivi sociali, purché tali clausole siano compatibili con l’ordinamento comunitario e nazionale. La compatibilità o meno di tali clausole, soprattutto con l’ordinamento comunitario, è data dall’espressa menzione di tale criterio differenziale per l’aggiudicazione dell’appalto nel bando di gara o nel capitolato d’oneri, nonché dal fatto che esse non comportino limitazioni al mercato e/o configurino misure discriminatorie, nei confronti di una o più imprese, finalizzate a distorcere le normali regole di concorrenza.
Clausole sociali, come chiarito,  possono essere inserite allo scopo di  favorire ad esempio  l’occupazione di persone che versino in particolari situazioni di difficoltà, come misura ulteriore di contrasto alla disoccupazione.

Appare chiaro che la ratio del sistema consiste nell’implementazione e stabilizzazione occupazionale delle categorie cosiddette svantaggiate e in quanto tale è volta al perseguimento di un obiettivo di politica sociale cui gli ordinamenti giuridici, sia nazionale sia comunitario, hanno conferito, sin dalle proprie origini, dignità di principio fondamentale.
Il principio cardine che ha ispirato l’emanazione delle norme sia comunitarie che nazionali è, dunque,  quello dello sviluppo sostenibile in un’ottica di bilanciamento degli interessi industriali ed economici con quelli sociali ed ambientali.

Sul piano operativo, l’analisi della legislazione, evidenzia come sussista  un margine maggiore di flessibilità per le stazioni appaltanti di introdurre clausole sociali e ambientali unicamente nelle condizioni di esecuzione dell’appalto, nelle altre fasi (oggetto dell’appalto, specifiche tecniche, criteri di selezione ecc.) si richiede invece un legame più stringente tra siffatti criteri e l’oggetto dell’appalto. 

Le modalità di esecuzione dell’appalto costituiscono quindi la fase più idonea all’inserimento delle considerazioni sociali per la tutela dei lavoratori impegnati nell’esecuzione dell’appalto e per la protezione dell’ambiente. Sebbene le stesse debbano essere in ogni caso correlate alle funzioni necessarie alla produzione e alla fornitura dei beni o servizi acquistati, è comunque previsto che possano tener conto di altre considerazioni strategiche, come le tematiche sociali ed ambientali. (30)

Cionondimeno si ritiene che questo non rappresenti l’unico spazio possibile, ma che al contrario dovrebbe essere offerta alle stazioni appaltanti l’opportunità di inserire condizioni inerenti la tutela sociale dei lavoratori impegnati nell’appalto anche in altre fasi della procedura.
Aspetti di carattere socio/ambientale potrebbero, ad esempio, essere inseriti nella fase di scelta dell’oggetto dell’appalto. Tale margine di discrezionalità subisce tuttavia due ordini di limiti:

- un primo limite, eventuale, di natura normativa, che può essere imposto da leggi nazionali in materia sociale e ambientale, oppure dall’attuazione di norme comunitarie e/o nazionali;

- un secondo limite, strutturale, determinato dalla tipologia della prestazione oggetto dell’appalto.

Nella fase di selezione degli offerenti sono previste, da un lato, ipotesi di esclusione dalla procedura di aggiudicazione in cui figura espressamente l’ipotesi di violazioni della normativa sociale, dall’altro si stabilisce l’accertamento di requisiti, elencati in modo tassativo ed imperativo, in capo al candidato, circa la sua capacità economica, finanziaria o tecnica, non potendo essere stabiliti parametri selettivi ulteriori e diversi. Tuttavia qualora l’appalto richieda un’esperienza specifica in campo sociale/ambientale, quest’ultima diviene un criterio legittimo di capacità tecnica e competenza per valutare l’idoneità dei candidati a partecipare alla gara.

Requisiti di tutela socio/ambientale potrebbero, infine, essere inseriti tra i criteri di aggiudicazione nel caso in cui questa avvenga in base all’offerta economicamente più vantaggiosa. Nell’odierna formulazione normativa è possibile osservare che l’offerta economicamente più vantaggiosa può anche uniformarsi a parametri sociali ed ambientali, che seppur direttamente non incidono positivamente sull’ente aggiudicatore, indirettamente tutelano la globalità dei cittadini. Anche in questo caso se, per un verso, la decisione di introdurre criteri sociali sembra rimessa alla “sensibilità” della stazione appaltante al tema, per un altro tale discrezionalità incontra il limite nella possibilità di prendere in considerazione tali principi come criterio aggiuntivo necessario al fine di operare una scelta tra due offerte equivalenti.


Note:

30. Cfr articolo 26 della Direttiva 2004/18/CE.