prima pagina indice del numero stampa questa pagina esporta in pdf Quaderno del 28 dicembre 2016

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L’Accordo Quadro in materia di politiche attive

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L’Accordo Quadro in materia di politiche attive 2015 -2016 e il suo rinnovo per il 2017

La logica della leale collaborazione istituzionale ha guidato Stato e Regioni nella sottoscrizione dell’Accordo Quadro in materia di politiche attive del 30 luglio 2015. Con l’Accordo, infatti, in una fase del tutto transitoria del mercato del lavoro e in attesa che si chiarisse il panorama di riferimento costituzionale, Regioni e Stato hanno assunto la priorità di garantire la continuità di funzionamento dei CPI a partire dal sostegno ai loro operatori. A monte, la volontà delle Regioni di preservare il proprio ruolo sulla gestione complessiva delle politiche attive, almeno fino a quando non si fosse sciolto il nodo della riforma della Costituzione, accompagnando i processi di riforma in atto senza un’interruzione di servizio. A valle, l’esigenza di porre rimedio alla situazione di incertezza organizzativa che nella macchina amministrativa si stava producendo nell’ambito dell’attuazione della legge n. 56/2014, con la necessaria riallocazione – con diverse modalità - del personale dei servizi per l’impiego delle ex Province nei ranghi regionali, ovvero con il suo mantenimento in via temporanea presso gli enti di area vasta e/o città metropolitane. In questo senso, la focalizzazione degli interventi ha coinvolto, in tale fase, le Regioni a statuto ordinario, nelle quali doveva essere realizzato il processo di riordino delle funzioni provinciali messo in moto dalla Legge Delrio.

L’elemento cardine dell’Accordo Quadro, con valenza biennale (2015 e 2016), è la compartecipazione finanziaria tra lo Stato e le Regioni, rispettivamente nella misura di due terzi e un terzo del fabbisogno, per la copertura dei costi relativi agli operatori a tempo indeterminato dei centri per l’impiego. In concomitanza, l’amministrazione centrale e le amministrazioni regionali si impegnano ad individuare le modalità più opportune affinché il personale dei CPI possa continuare ad operare senza soluzione di continuità, assicurando il miglior rapporto funzionale tra lo stesso e le Regioni. Modalità attuativa prevista nell’Accordo è la convenzione bilaterale tra il ministero del Lavoro e ciascuna Regione, che si configura come lo strumento di regolazione della collaborazione interistituzionale e di valorizzazione delle buone pratiche presenti sul territorio, in una prospettiva che – come esplicitato nell’Accordo Quadro stesso – potrebbe guardare anche oltre all’eventuale riassetto delle competenze costituzionali. Inoltre, lo Stato e le Regioni si impegnano a definire congiuntamente un piano generale di raccordo delle azioni in materia di politiche attive per il lavoro, contenute nella programmazione operativa nazionale e regionale a valere sui fondi europei 2014 -2020.

Gli impegni assunti nell’Accordo hanno trovato una corrispondenza nel dettato normativo, sia sul piano finanziario che sul piano organizzativo.

Sul piano finanziario, con l’art. 15, comma 3 del decreto legge n. 78/2015, convertito nella legge n. 125/2015 (cd. Decreto Enti locali), sono state stanziate per il biennio 2015 - 2016 risorse nazionali, a valere sul Fondo di Rotazione, pari a 90 milioni annui di euro e finalizzate alla partecipazione del ministero del Lavoro al sostegno dei costi del personale a tempo indeterminato delle Province, impiegato in compiti di erogazione dei servizi per l’impiego nelle Regioni a statuto ordinario. Tale importo è stato successivamente incrementato di 50 milioni annui dal D. Lgs. 150/2015 (art. 33, comma 1), con un ammontare complessivo di 140 milioni annui destinati alla copertura del personale a tempo indeterminato dei CPI.

A tale fronte economico, inoltre, sulla base delle esigenze emerse sul territorio e più volte segnalate dalle Regioni nel confronto con le amministrazioni centrali (3), si è aggiunto nel corso dell’anno lo stanziamento, ad opera dell’art. 4, comma 2, del D. Lgs. 185/2016 (Decreto Correttivo del Jobs Act), di ulteriori risorse pari a 30 milioni per il 2016, che vanno ad incrementare le risorse già previste dal citato art. 33, comma 1 del D. Lgs. 150/2015. Si tratta, secondo quanto pattuito nel negoziato con il ministero, di ulteriori risorse deputate a sostenere i costi fissi di funzionamento dei CPI (4); come si illustrerà a breve, la copertura di tali oneri – non esplicitamente contemplati nell’Accordo Quadro del 2015 – costituisce invece una parte qualificante del suo rinnovo per il 2017.

Sul piano normativo, il comma 2 del citato articolo 15 del DL 78/2015 prevede, ai fini del trasferimento delle risorse nazionali, la sottoscrizione di una convenzione tra ministero del Lavoro e Regioni, finalizzata a regolare i relativi rapporti e gli obblighi in relazione alla gestione dei servizi per l’impiego e delle politiche attive nel territorio regionale. In questo perimetro, inoltre, si innesta con una valenza più ampia il D. Lgs. 150/2015, che introduce le disposizioni chiave per la costruzione del nuovo sistema di servizi per il lavoro, basato su uffici territoriali regionali denominati “centri per l’impiego” e sui soggetti privati accreditati.

In particolare, con gli articoli 11, 12 e 18 del decreto legislativo vengono definiti i principi e individuati i pilastri della nuova organizzazione territoriale del sistema, dell’interazione tra il pubblico e il privato - nell’ambito di un regime di accreditamento dei servizi per il lavoro che prevede la costituzione di un albo nazionale - e della declinazione di una serie di servizi e misure di politica attiva che le Regioni, direttamente tramite i CPI, ovvero per il tramite dei soggetti accreditati, sono chiamate ad erogare alle categorie di utenti individuate dalla norma nazionale (alla luce della nuova definizione dello stato di disoccupazione stabilita nell’articolo 19): disoccupati, lavoratori percettori di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro e lavoratori a rischio di disoccupazione.

Nel dettaglio, è l’articolo 11 che dispone la sottoscrizione di convenzioni bilaterali tra il ministero del Lavoro e ciascuna Regione e Provincia autonoma, finalizzate a regolare i relativi rapporti e obblighi in relazione alla gestione dei servizi per il lavoro e delle politiche attive del lavoro nel territorio, allo scopo di garantire livelli essenziali di prestazioni attraverso meccanismi coordinati di gestione amministrativa. Il contenuto di tale convenzione, secondo la norma, deve conformarsi ai principi del provvedimento stesso, tra cui si conferma primariamente l’attribuzione delle funzioni amministrative in materia di politiche attive del lavoro alle Regioni, che sono tenute a garantire l’esistenza e la funzionalità di uffici territoriali aperti al pubblico (CPI). Le strutture regionali, dunque, si confermano responsabili dello svolgimento in forma integrata degli interventi di politica attiva del lavoro, come codificati nell’articolo 18 del decreto legislativo e finalizzati alla costruzione di percorsi personalizzati per l’inserimento/reinserimento nel mercato occupazionale dei destinatari dei servizi. Parimenti, le strutture regionali sono chiamate dalla norma ad individuare le misure di attivazione rivolte ai beneficiari di ammortizzatori sociali residenti nel territorio ai fini dell’applicazione del meccanismo di condizionalità (5).

Nell’ambito della nuova cornice normativa delineata dal Jobs Act e alla luce di tali impulsi, tra il 2015 ed il 2016 si è dato seguito agli impegni assunti con l’Accordo Quadro. Sullo sfondo, come ricordato, la necessità di attuare le disposizioni della Legge Delrio; in prospettiva, lo scenario che era ancora in evoluzione della modifica costituzionale.

Il 20 ottobre 2015 la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha licenziato uno schema - tipo di convenzione bilaterale tra Regione e ministero del Lavoro, attuativa sia dell’articolo 11 del D. Lgs. 150/2015 sia dell’articolo 15 della legge 125/2015. Nell’ambito dello schema di convenzione, con valenza per le annualità 2015 e 2016 (6)- vengono così definiti i rapporti e individuate le rispettive funzioni tra il ministero, l’ANPAL e le Regioni in merito alla gestione dei servizi per il lavoro e delle politiche attive; è questo il terreno, inoltre, in cui si affronta – seppur con soluzioni temporanee - la complessa problematica delle modalità di gestione del personale dei CPI proveniente dai ranghi provinciali, unitamente – per le sole Regioni a statuto ordinario - al quadro finanziario, riguardante la compartecipazione tra i livelli istituzionali tesa a far fronte alle spese relative al personale a tempo indeterminato direttamente impiegato in compiti di erogazione di servizi per l’impiego. Con riferimento specifico al tema del personale, la convenzione – tipo recepisce tre modalità differenti di allocazione istituzionale del personale:

1) assegnazione temporanea di ufficio ai CPI delle Regioni o delle Agenzie regionali, costituiti ai sensi dell’art. 18 del decreto legislativo n. 150/2015;

2) assegnazione temporanea alle Regioni o alle Agenzie regionali per lo svolgimento delle attività connesse con i servizi e le misure di politica attiva del lavoro, nelle more della costituzione dei CPI ex art. 18;

3) avvalimento del personale da parte delle Regioni allo scopo di garantire la continuità delle attività connesse con i servizi e le misure di politica attiva del lavoro. In alternativa, la convenzione – tipo prevede un’ulteriore modalità attuativa, che vede l’attribuzione della gestione dei CPI con il relativo personale in via transitoria in capo alle città metropolitane ed agli enti di area vasta, salvo comunque il rispetto da parte della Regione degli impegni finanziari sanciti nell’Accordo e declinati nella convenzione.

Sulla base di questo schema, si è avviata sul territorio l’attività di approvazione e sottoscrizione delle singole convenzioni bilaterali tra ciascuna Regione e ministero del Lavoro, dipanatasi lungo tutto il finire del 2015 fino alla prima metà del 2016. La definizione dei contenuti della convenzione ha rappresentato per ogni amministrazione regionale una scelta di non poco conto, non solo in termini di carattere finanziario, ma a monte in termini di governance e di disegno, seppur transitorio, del modello di gestione dei CPI. Dal monitoraggio effettuato dal Coordinamento tecnico della IX Commissione, risulta che tra le quindici Regioni a statuto ordinario sette amministrazioni regionali hanno optato per il mantenimento temporaneo dei CPI e del relativo personale in capo agli enti di area vasta e/o città metropolitane; in alcuni casi, tale mantenimento è avvenuto comunque nelle more della costituzione di una Agenzia regionale, cui in prospettiva attribuire il personale. Nelle altre realtà, invece, si è scelta la strada dell’assegnazione temporanea (mediante gli istituti del distacco o del comando) del personale ai Dipartimenti regionali ovvero alle Agenzie regionali del lavoro (già presenti sul territorio, come derivazione del decentramento amministrativo ex D.Lgs. 469/1997, ovvero di nuova costituzione), oppure si è preferito utilizzare la forma giuridica dell’avvalimento in modalità rafforzata, con l’attribuzione alla Regione di poteri direttivi e organizzativi nei confronti del personale, pur formalmente restante nelle ex Province quali datori di lavoro. In talune esperienze, le esigenze del territorio hanno suggerito il ricorso congiunto a più istituti e modalità - nella rosa delle possibilità organizzative offerte dalla convenzione - nell’ambito comunque di un percorso graduale con diverse fasi attuative; ciò sempre in attesa di una maggiore razionalizzazione del sistema, attraverso il chiarimento della cornice istituzionale.

Alla sottoscrizione delle convenzioni tra amministrazione centrale e amministrazioni regionali è susseguita la firma nei singoli territori delle convenzioni di “secondo livello” tra la Regione e gli enti di area vasta/città metropolitane, per la definizione e la regolazione dei rispettivi rapporti e obblighi in relazione alla individuazione e gestione concreta del personale dei CPI coinvolto nel processo. Anche questo, di fatto, è risultato un processo lungo e laborioso – in alcuni casi solo di recente perfezionamento - che ha registrato a volte anche ritardi significativi sul piano amministrativo, legati purtroppo alla situazione diffusa di oggettiva incertezza sul futuro professionale degli operatori provinciali e sulle necessarie coperture finanziarie del sistema.

Sul piano economico, a seguito degli stanziamenti statuiti con la manovra sugli enti locali, sono intervenuti, rispettivamente, tre decreti direttoriali da parte del ministero del Lavoro per l’erogazione alle Regioni delle risorse relative all’annualità 2015 e 2016, sulla base del numero effettivo dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato direttamente impiegati in compiti di erogazione di servizi per l’impiego. Ci si riferisce, in particolare, al decreto direttoriale n. 377/V/2015 del 18 novembre 2015, con cui sono state erogate le risorse relative al 2015; al decreto direttoriale n. 180 del 20 giugno 2016, con cui è stata erogata la prima tranche, pari al 50%, delle risorse relative al 2016; infine, al decreto direttoriale n. 368 del 17 novembre 2016, con cui è stata assegnata la seconda tranche, a saldo, delle risorse relative al 2016. Con l’ultimo decreto, in particolare, sono state anche ripartite le risorse aggiuntive per gli oneri fissi di funzionamento dei CPI, previste dal richiamato Decreto Correttivo del Jobs Act. Si tratta di una componente aggiuntiva di risorse più volte sollecitata dalle Regioni nelle occasioni di confronto interistituzionale, in quanto indispensabile per far fronte ai costi fissi dei CPI, tra cui, ad esempio, quelli relativi ai beni materiali e immateriali necessari per l’erogazione dei servizi (tra cui i beni immobili, la strumentazione tecnica, le utenze, le licenze per i software). In tale ambito, una quota prevalente dei costi di gestione è risultata, di fatto, assorbita dalle spese per gli immobili da adibire a CPI, che afferivano al patrimonio delle ex Province, ovvero in alcune realtà dei Comuni.

Nel mese di giugno è intervenuta una fase intermedia di verifica dell’Accordo, prevista dallo stesso come momento di riflessione tra i soggetti istituzionali per monitorare lo stato di avanzamento degli interventi e focalizzare le problematiche emergenti nei territori. Dalla verifica è scaturita l’esigenza di avviare un ragionamento sul futuro dei CPI, nell’ambito di un disegno che vedesse le Regioni come parte propulsiva e non meramente passiva rispetto ai processi/strumenti che impattavano sul mercato del lavoro. Da una parte, le Regioni hanno ribadito la necessità di pensare comunque “a Costituzione vigente”, con le responsabilità e le prerogative che attenessero al livello regionale; dall’altra, era inevitabile anche porsi in una prospettiva “de iure condendo”, accompagnando comunque le riforme in itinere quanto meno con un ragionamento sul periodo transitorio. La priorità, come ricordato, è stata mettere i CPI con i rispettivi lavoratori in sicurezza, per garantire la continuità dei servizi ai cittadini; la scommessa, inoltre, era quella di investire sui servizi stessi, per migliorarli ed implementarli e, soprattutto, renderli in grado di svolgere le proprie funzioni essenziali.

Con questo spirito ci si è accostati al tema del rinnovo dell’Accordo per l’anno 2017, su cui si è appena concluso l’iter di ratifica da parte della Conferenza Stato – Regioni. Come il primo, anche il nuovo Accordo riveste una valenza politica precisa: gestire in modo coordinato la complessa fase attuale del mercato del lavoro e dei servizi per l’impiego, a partire dalla necessità di un forte rilancio delle politiche attive del lavoro su tutto il territorio, riconoscendo il ruolo strategico sia delle amministrazioni centrali sia delle amministrazioni regionali. Il nuovo Accordo, pertanto, muove i suoi passi nell’ambito del perimetro di funzioni in capo al governo e alle Regioni e Province autonome già tracciato in questi due anni. Nel testo dell’Accordo, anche per il prossimo anno si prevede l’impegno alla copertura del personale a tempo indeterminato impiegato presso i servizi per l’impiego, mediante il meccanismo della compartecipazione di risorse statali (per due terzi del fabbisogno) e regionali (per il restante terzo). Oltre alle spese per il personale, sulla base delle necessità emerse sul territorio, si recepisce anche un impegno congiunto alla copertura dei costi fissi di funzionamento dei CPI per il 2017, nella stessa proporzione fissata per la spese del personale. Anche i criteri utilizzati per il riparto delle risorse restano i medesimi seguiti nella prima fase, basati sul numero effettivo di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato dell’annualità 2015, impiegati in compiti attinenti l’erogazione dei servizi per l’impiego. Non è presente una quantificazione delle risorse nel testo; il fabbisogno finanziario, ad ogni modo, ammonterebbe per la parte nazionale a 167 milioni di euro, composti dai 140 milioni destinati alla copertura (per due terzi) del personale e dai 27 milioni di euro riferiti ai due terzi dei costi di funzionamento. Si sottolinea, tuttavia, come nel disegno di legge di bilancio per il 2017, attualmente all’esame delle Commissioni parlamentari, risulti un accantonamento, nello stato di previsione del ministero del Lavoro, di risorse per il concorso al funzionamento dei CPI pari a 220 milioni di euro per l’anno prossimo, con un ammontare che potrebbe utilmente far fronte alla quasi totalità delle spese per i CPI. Si auspica, ad ogni modo, la tempestiva destinazione di tali risorse alle Regioni – fortemente coinvolte nei tagli complessivi sui trasferimenti finanziari previsti nella nuova legge di bilancio - per garantire, quanto meno per il 2017, la sopravvivenza e la messa in sicurezza del sistema, che negli ultimi tempi ha dimostrato capacità di tenuta non indifferenti.


Note:

(3): Dalle stime effettuate in seno alla IX Commissione, è emerso un fabbisogno finanziario per la copertura degli oneri di funzionamento dei CPI pari a circa 27 milioni di euro annui.

 

(4): Si tratta, ad ogni modo, di risorse derivanti dalla riduzione della spesa di cui al D. Lgs. 22/2015, art. 16, comma 7 (Fondo per l’ASDI).

 

(5): Ulteriori elementi che la convenzione è tenuta a specificare riguardano l’attribuzione in capo alle Regioni delle funzioni relative al collocamento delle persone con disabilità (ex legge n. 68/1999) ed all’avviamento a selezione presso la pubblica amministrazione (ex articolo 16 della legge n. 56/1987), ovvero l’affidamento in parte di tali funzioni alla neo istituita Agenzia nazionale per le Politiche attive del lavoro (ANPAL). Resta fermo un principio di universalità, per cui i servizi e le misure di politica attiva del lavoro debbono essere resi disponibili a tutti i residenti sul territorio italiano, a prescindere dalla Regione/Provincia autonoma di residenza. Resta, inoltre, ferma l’identificazione a livello regionale della strategia per l’occupazione, in coerenza ad ogni modo con gli indirizzi e gli obiettivi impartiti a livello centrale nell’ambito del decreto ministeriale con cui dovranno essere assunti i LEP, previa intesa della Conferenza Stato – Regioni (cfr. “I nuovi servizi per il lavoro”, Quaderni di Tecnostruttura del 22 dicembre 2015).

 

(6): Lo schema di convenzione prevede anche l’impegno ad effettuare entro il 30 giugno 2016 una verifica per quanto riferibile all’annualità 2016.



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