prima pagina indice del numero stampa questa pagina esporta in pdf Quaderno del 28 dicembre 2016

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L’Accordo Quadro in materia di politiche attive


Premessa

di Cristina Iacobelli
Settore Lavoro - Tecnostruttura

Dopo un anno torniamo ad affrontare la tematica dei servizi per il lavoro. L’occasione è duplice: da una parte, siamo allo scadere del biennio di durata contemplato nell’Accordo Quadro del 30 luglio 2015 in materia di politiche attive del lavoro; dall’altra, siamo all’indomani del suo rinnovo anche per il 2017 da parte della Conferenza Stato – Regioni, avvenuto lo scorso 22 dicembre. In questa sede, pertanto, appare utile ricostruire lo stato dell’arte della riflessione istituzionale e ripercorrere le tappe principali del percorso di attuazione dell’Accordo, sottoscritto dallo Stato e dalle Regioni per garantire una continuità di servizio ai cittadini ed agli operatori dei CPI.

Nel momento in cui scriviamo si è appena conclusa anche la fase di consultazione referendaria sull’assetto costituzionale, con la conferma dell’impianto attuale di riparto delle competenze tra lo Stato e le Regioni e, in tale ambito, della relativa potestà legislativa concorrente in materia di tutela e sicurezza del lavoro. Ad oggi, pertanto, tenendo conto delle interpretazioni offerte in più occasioni dalla Corte costituzionale (1) in merito alla declinazione in concreto di tale materia e per l’individuazione degli aspetti attinenti al versante lavoristico che possono essere ricondotti nell'alveo della regolazione regionale - tra cui la definizione e l’erogazione delle politiche attive, l’organizzazione dei servizi per l’impiego, le forme di cooperazione tra pubblico e privato e le procedure per il collocamento dei lavoratori - le Regioni mantengono il ruolo centrale che gli è stato riconosciuto nel 2001 dalla prima riforma del Titolo V, Capo II della Costituzione.

Il sistema italiano dei servizi per l’impiego si trova, dunque, ad un bivio, tra passato e futuro, processi di riforma avviati e non conclusi ed un presente ancora da decifrare e, per certi versi, da garantire.

È trascorso più di un anno anche dall’entrata in vigore del D. Lgs. 150/2015, attuativo della legge delega n. 183 del 2014 (cd. Jobs Act) e recante disposizioni di profondo riordino del sistema dei servizi per il lavoro, riconfigurati ora quali uffici amministrativi di livello regionale. Il provvedimento, ad oggi, necessita di essere ulteriormente declinato attraverso atti normativi e disposizioni secondarie, ai fini della sua completa operatività; permangono dunque ancora profili aperti che, in un ragionamento complessivo sul sistema dei servizi per l’impiego e sui suoi possibili scenari evolutivi, si rifletteranno necessariamente sull’impostazione del modello di erogazione delle politiche del lavoro che si intende costruire.

Sul piano regionale, in concomitanza con la stagione di cruciale rinnovamento del sistema, si è registrata un’attenzione prioritaria alla riforma dei servizi per il lavoro, con un dibattito interistituzionale progressivamente divenuto sempre più acceso e vivace. Alla base, l’obiettivo di sviluppare comunque una vision regionale condivisa e condizioni comuni di sistema, in merito alle reali problematiche dei servizi, alle prospettive sostenibili di una loro evoluzione ed alle soluzioni concrete, per quanto temporanee, da approntare attraverso l’impegno e la volontà di tutti i decisori politici. Anche nel 2016 le problematiche dei servizi per l’impiego sono state così costantemente poste all’ordine del giorno nell’agenda dei lavori della IX Commissione della Conferenza della Regioni e delle Province autonome; parallelamente, sul piano tecnico e politico si è sviluppata un’intensa interlocuzione con le amministrazioni centrali, con la finalità primaria di fare rete e verificare in modo congiunto gli impatti reali sul territorio delle manovre messe in campo e, ove necessario, individuare in modo tempestivo gli opportuni meccanismi correttivi. Il negoziato tra lo Stato e le Regioni è stato lungo e articolato; nel corso dell’anno gli assessori regionali al lavoro hanno più volte incontrato e sottoposto all’attenzione del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali le questioni dirimenti riguardanti il funzionamento dei Centri per l’Impiego e il relativo personale.

È ormai noto, infatti, come i servizi per l’impiego abbiano dovuto fronteggiare negli ultimi due anni una fase di grande incertezza e difficoltà operativa. Pur nella transitorietà e diversità delle soluzioni individuate, con senso di responsabilità istituzionale le amministrazioni regionali hanno costantemente cooperato tra di loro e con il livello centrale per tutelare e sostenere i CPI e i lori operatori, coinvolti in prima persona nel processo di superamento delle Province e di parallela loro riorganizzazione nell’ambito di enti di area vasta, indotto dalla legge n. 56 del 2014 (cd. Legge Delrio). Ciò nella consapevolezza che solo attraverso uno sforzo congiunto tra lo Stato e le Regioni – anche andando oltre la rigida separazione delle sfere di rispettiva competenza costituzionale - si potesse davvero sostenere i servizi per l’impiego e metterli nella condizione di svolgere il ruolo fondamentale che lo stesso Jobs Act assegna loro, in qualità di infrastrutture primarie del mercato del lavoro, deputate all’erogazione ai cittadini di politiche attive, che ai sensi della legge nazionale si configurano oggi come livelli essenziali delle prestazioni (LEP) (2).


Note:

(1): A partire dalla sentenza della Corte costituzionale n. 50 del 2005 fino alla più recente sentenza n. 175 del 2016.

 

(2): Per una disamina più approfondita circa i pilastri comuni dell’operato delle Regioni, in relazione alle diverse problematiche attuative poste dalle disposizioni del Jobs Act riguardanti i servizi per l’impiego, si rimanda ai Quaderni di Tecnostruttura del 22 dicembre 2015, “I nuovi servizi per il lavoro”.