Quaderno del 20 dicembre 2018
ANTICIPAZIONI
Il metodo di riparto delle risorse per la coesione sociale e territoriale nella programmazione 2021-2027
Premessa
di Michela Fagioli
Settore Fse - Tecnostruttura
Come noto, lo scorso 2 maggio 2018, la Commissione europea ha presentato la proposta per il prossimo Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) della UE per il periodo 2021-2027.
Il bilancio proposto dalla Commissione prevede stanziamenti pari a 1.134,6 miliardi di euro a prezzi costanti del 2018, in termini di impegni (1.279 miliardi espressi in prezzi correnti, tenendo conto dell'inflazione), pari all'1,11 % del Reddito nazionale lordo della UE-27 (RNL). Nello specifico, le risorse per la politica di coesione vengono collocate all'interno della rubrica 2 "Coesione e valori", che, rispetto all’attuale QFP, è stata ampliata con l'inserimento degli strumenti di rafforzamento dell'Unione Economica e Monetaria e l'indicazione, in maniera distinta, del Fondo sociale europeo "potenziato" (FSE+) accanto ad altri programmi.
Alla coesione economica, sociale e territoriale sono destinati 330,6 mld di euro (di cui 200,6 mld di euro per il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), 41,4 mld di euro per il Fondo di coesione, e 88,6 mld di euro per il nuovo Fondo sociale europeo potenziato (FSE+).
Dalle stime effettuate dal Dipartimento per le politiche di coesione, e riportando il complesso delle dotazioni a prezzi 2018, emerge una riduzione di circa il 10 per cento degli importi "per la coesione economica, sociale e territoriale" per la UE-27, rispetto alla corrispondente dotazione 2014-2020. Si registra un aumento della dotazione del FESR del'1,3 % e una riduzione dei 5,6 % del FSE+ (incluso IOG e FEAD ed esclusi il programma salute e il programma EASI per l'innovazione sociale), il Fondo di coesione subisce una riduzione del 46 %.
A completamento del futuro quadro normativo, il 29 e 30 maggio 2018 sono state pubblicate le proposte di regolamenti per la politica di coesione. Nella proposta di Regolamento disposizioni comuni (RDC) viene confermata la ripartizione delle risorse fissate per l’obiettivo Investimenti per la crescita e per l’occupazione (322,1 mld di euro, pari al 97,5 % delle risorse globali), sostenuto dal FESR, dal FSE+ e dal Fondo di coesione, fra le tre categorie di Regioni di livello NUTS 2 (meno sviluppate, in transizione e più sviluppate) individuate già nella programmazione 2014-2020, e per l'obiettivo "Cooperazione territoriale europea" (8,4 mld di euro pari al 2,5 % delle risorse globali disponibili).
La dotazione per categoria di Regioni viene ripartita secondo nuove percentuali: il 61,6 % è destinato alle Regioni meno sviluppate; il 14,3 % è destinato alle Regioni in transizione; il 10,8 % è destinato alle Regioni più sviluppate; il 12,8 % è destinato agli Stati membri che beneficiano del Fondo di coesione; lo 0,4 % è destinato a finanziamenti supplementari per le Regioni ultraperiferiche. Dal confronto con le percentuali dell’attuale programmazione si registra un incremento delle dotazioni per le Regioni meno sviluppate e in transizione a discapito delle Regioni più sviluppate e degli Stati membri che beneficiano del Fondo di coesione.
Viene, tuttavia, modificata la modalità classificazione in una delle tre categorie. Pur mantenendo, infatti, la determinazione in base al rapporto tra il PIL pro capite di ciascuna regione, misurato in parità di potere di acquisto (PPA) e calcolato sulla base dei dati dell'Unione per il periodo 2014-2016, e il PIL medio della UE-27 per lo stesso periodo di riferimento, è stata ampliata la forchetta relativa alle Regioni in transizione, il cui PIL pro capite sarà compreso tra il 75 % e il 100 % della media del PIL della UE-27 e non più tra il 75% e il 90%. Le Regioni più sviluppate dunque saranno quelle il cui PPA è superiore al 100% della media mentre le Regioni meno sviluppate continueranno a essere quelle con il PPA al di sotto del 75%. Da una prima simulazione, tale modifica determina un riposizionamento delle Regioni europee nelle tre categorie di Regioni rispetto al 2014-2020, con incremento di 6 Regioni nella categoria meno sviluppate, un incremento di 29 Regioni nella categoria in transizione e un decremento di 34 Regioni nella categoria più sviluppate. Se per l’Italia l’impatto è limitatamente significativo in termini numerici (dovremmo avere 2 Regioni in più nella categoria meno sviluppate e 2 in meno nella categoria più sviluppate (1)) è sicuramente necessario approfondire l’impatto in termini di risorse, diverso per alcuni Paesi europei come Francia e Spagna per cui le differenze potrebbero essere notevolmente rilevanti.
(1): In dettaglio, le Regioni Marche ed Umbria dovrebbero passare dalla categoria più sviluppate a quella in transizione, mentre le Regioni Molise e Sardegna dovrebbero passare dalla categoria in transizione a quella meno sviluppate. Pertanto l’Italia avrebbe 11 Regioni più sviluppate, 3 Regioni in transizione e 7 Regioni meno sviluppate.