prima pagina indice del numero stampa questa pagina esporta in pdf Quaderno del 28 giugno 2013

+T -T DOSSIER - Servizi Per Il Lavoro

Servizi per il lavoro: stato dell'arte e ipotesi di riforma


Una fotografia del contesto di attuazione regionale


Glossario:

Provvedimento mediante il quale le regioni riconoscono a un operatore, pubblico o privato, l'idoneità a erogare i servizi al lavoro negli ambiti regionali di riferimento, anche mediante l'utilizzo di risorse pubbliche, nonché la partecipazione attiva alla rete dei servizi per il mercato del lavoro con particolare riferimento ai servizi di incontro fra domanda e offerta.

Fonte: D.lgs. 276/2003 art 2, comma 1 lettera f)



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Provvedimento mediante il quale lo Stato abilita operatori, pubblici e privati, denominati “agenzie per il lavoro”, allo svolgimento delle attività di somministrazione di lavoro”, di intermediazione, ricerca e selezione del personale, supporto alla ricollocazione professionale. 

Fonte: D.lgs. 276/2003 art 2, comma 1 lettera e).



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Sono i “servizi competenti”, vale a dire i Centri per l’impiego (CPI) operanti su base provinciale e gli operatori pubblici e privati accreditati e/o autorizzati, in conformità delle normative regionali, a svolgere le funzioni relative all’incontro tra domanda e offerta di lavoro, alla prevenzione delle disoccupazione di lunga durata, alla promozione  dell’inserimento lavorativo, alla proposta di iniziative di riqualificazione professionale. La normativa nazionale e regionale determina gli interventi rivolti ai destinatari dei servizi per il lavoro, tra cui  inoccupati/disoccupati, giovani, adolescenti che hanno assolto all’obbligo scolastico, donne, lavoratori percettori di ammortizzatori sociali, imprese.

Fonte: Art. 1, comma 2 lettera a), b), d), e), f) e g) e art. 3 del D. Lgs. 181/2000 e successive modifiche; art. 4, comma 1 lettera e) del D. Lgs. 469/1997; art. 2, 3 , 6 e 7 del D.Lgs 276/2003 e successive modifiche.



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Come noto, il sistema dei servizi per il lavoro opera su base provinciale, ai sensi dell’articolo 4, comma 1 lettera a) ed e) del D.Lgs.. 469/1997 che, nel decentrare le funzioni amministrative inerenti all’incontro tra domanda e offerta di lavoro e all’erogazione delle politiche attive, ha previsto l’istituzione nelle Province dei Centri per l’impiego (CPI), strutture competenti alla gestione di tali attività. Con il D.Lgs. 181/2000 – nelle modifiche apportate dal D.Lgs. 297/2002 - alle strutture provinciali di collocamento sono stati affiancati i soggetti privati ed è stata abbracciata una nozione più estesa di “servizi competenti”, comprensiva dei CPI e degli altri organismi autorizzati e/o accreditati a svolgere le funzioni finalizzate all’inserimento nel mercato del lavoro in conformità alle normative regionali. Con il D.Lgs. 276/2003, infine, è stato completato il quadro di riferimento per l’esercizio delle funzioni dei servizi per il lavoro, mediante l’introduzione dei regimi regionali di autorizzazione ed accreditamento e la definizione dei criteri per la cooperazione tra il pubblico e il privato, ferme restando alcune funzioni amministrative svolte in via esclusiva dalle Province.

Questo assetto ha trovato nelle Regioni e nelle Province autonome una puntuale declinazione, sia sul piano normativo, che sul piano più strettamente amministrativo.
Alla luce del dettato costituzionale sono state esercitate le competenze regionali, esclusive sul versante della formazione e concorrenti in materia di organizzazione del mercato del lavoro e programmazione delle politiche occupazionali, nell’ambito dei principi generali e degli indirizzi formulati dal legislatore nazionale. Le Regioni, pertanto, hanno fatto ricorso a propri strumenti legislativi (leggi regionali, a volte sotto la forma di Testi unici) volti non solo a definire l’assetto del mercato occupazionale locale e l’architettura fondante del sistema dei servizi per il lavoro, ma anche ad affrontare con una prospettiva di ampio respiro l’elaborazione delle linee di indirizzo regionale per la messa in atto di politiche integrate in materia di occupazione, sviluppo delle competenze, orientamento, qualità e sicurezza del lavoro. Ciò è avvenuto in tutte le realtà regionali in attuazione dei principi del decentramento amministrativo e, successivamente, in numerose Regioni per l’adeguamento dei propri sistemi alle novità recate dal D.Lgs. 276/2003.

Peraltro, sul versante amministrativo, tutte le Regioni hanno adottato provvedimenti normativi ad hoc (in prevalenza, delibere di giunta e regolamenti consiliari) o atti di indirizzo per regolamentare le procedure di collocamento e, in generale, il complesso delle attività finalizzate all’incontro tra domanda/offerta di lavoro all’interno dei singoli sistemi regionali di servizi per il lavoro. Tale attività si pone in linea con le indicazioni della normativa nazionale - che attribuisce alle Regioni e le Province autonome il compito di definire “criteri e modalità per la messa in atto di procedure del collocamento uniformi in materia di accertamento dello stato di disoccupazione”; “indirizzi operativi per verificare la conservazione, la perdita o la sospensione dello stato di disoccupazione”; “obiettivi ed indirizzi per favorire l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro e per contrastare la disoccupazione di lunga durata” - ed appare oggi in corso di rivisitazione, a seguito delle novità introdotte dalla legge n. 92 del 2012.

Più variegata, invece, appare l’attività di definizione e messa a punto sul territorio dei dispositivi riguardanti i regimi di accreditamento e di autorizzazione regionale. La metà delle amministrazioni regionali ha infatti definito il sistema di accreditamento per lo svolgimento dei servizi per il lavoro e reso operativi gli elenchi degli operatori privati accreditati, in alcune realtà unitariamente alla disciplina del regime di autorizzazione regionale allo svolgimento delle attività di intermediazione, ricerca e selezione del personale, supporto alla ricollocazione professionale. Peraltro, l’istituto dell’autorizzazione regionale - che in base alla normativa previgente poteva essere concessa dalle Regioni con esclusivo riferimento al proprio territorio e previo  accertamento della  sussistenza dei requisiti individuati dalla legge nazionale per le agenzie per il lavoro - a seguito di ripetuti interventi normativi, finisce oggi con il sussistere solo in via residuale con riferimento alle normative regionali già adottate. In ambedue i casi, si tratta di provvedimenti che perseguono il fine di identificare le forme ottimali per il raccordo tra CPI, i soggetti privati e gli altri soggetti pubblici autorizzati ope legis all’attività di intermediazione, con il fine di migliorare il funzionamento del mercato territoriale del lavoro, regolamentare in modo rigoroso la partecipazione alla rete degli interventi regionali in materia di politiche attive, garantire adeguati standard qualitativi dei servizi erogati, assicurare ai cittadini l’erogazione di funzioni specialistiche e aumentarne la gamma.

La riflessione sull’accreditamento nelle Regioni si è sviluppata in modo complementare con il percorso di qualificazione e standardizzazione dei servizi per il lavoro, nella finalità di garantire agli utenti (persone e imprese) la qualità e l’omogeneità delle prestazioni in ambito regionale. Sono stati così adottati in alcune realtà regionali, di concerto con le Province, Masterplan dei servizi per il lavoro e/o linee di indirizzo collegate alla programmazione del Fondo sociale europeo per il settennio 2007-2013, mentre altre Regioni si sono dotate di provvedimenti amministrativi ad hoc (sovente sotto forma di cataloghi e repertori) tesi a dotare il territorio regionale di standard minimi per l’erogazione dei servizi per il lavoro comuni a tutta la rete dei soggetti pubblico/privati,  garantendo la trasparenza e la tracciabilità dei servizi di politica attiva offerti e supportando l’attività di monitoraggio e valutazione sui risultati conseguiti. Ad ogni modo, quasi tutte le amministrazioni regionali hanno condiviso l’impegno alla qualificazione del sistema, seppur con strumenti diversi.

A ben vedere, da una parte la definizione dei criteri per l’ingresso degli operatori pubblici e privati nella rete regionale dei servizi attraverso il regime di accreditamento e, dall’altra, l’attività di accurata identificazione delle funzioni, delle aree di prestazione, degli standard e degli indicatori che debbono connotare il sistema in termini di qualità (con le connesse implicazioni in termini di risorse strutturali, strumentali e professionali), finiscono con il rappresentare le due facce di una medesima medaglia. Entrambi gli ambiti di intervento, infatti, condividono alla base l’esigenza di radicare il sistema regionale dei servizi per il lavoro su un quadro comune di criteri di riferimento, individuando i beneficiari e le condizioni di erogazione delle prestazioni a partire dai bisogni dei destinatari dei servizi. Pertanto, pur nella multiformità delle esperienze delle Regioni e delle Province autonome, i sistemi territoriali standardizzati di erogazione dei servizi per il lavoro delineati nella documentazione regionale annoverano una serie di attività comuni - dalla presa in carico dell’utente fino agli interventi più specialistici di politica attiva - che possono essere, a titolo puramente esemplificativo, sintetizzate nelle seguenti categorie di prestazioni:

Informazione ed accoglienza, per sostenere l’utente nell’acquisire informazioni utili per orientarsi nel mercato del lavoro e per presentare i servizi offerti dalla rete regionale pubblico/privata (a titolo di esempio, comprensiva di informazione sui servizi disponibili per l’accesso al lavoro, su caratteristiche ed opportunità del mercato del lavoro e del sistema formativo).

Presa in carico dell’utente, mediante la ricezione della dichiarazione di immediata disponibilità e la sottoscrizione del patto di servizio, come strumento di acquisizione del consenso dell’utente alla fruizione dei servizi per il lavoro e di sottoscrizione dei reciproci impegni.

Orientamento di primo livello, per sostenere l’utente nella costruzione di un percorso personalizzato utile a promuoversi attivamente nel mondo del lavoro e a facilitarne l’inserimento ed il reinserimento (a titolo di esempio, comprensivo di: primo colloquio, valutazione del fabbisogno formativo, definizione del Piano di Azione individuale, quale strumento di pianificazione operativa e di tracciabilità dei servizi concordati).

Orientamento specialistico, per fornire all’utente un supporto più approfondito all’individuazione dell’obiettivo professionale (a titolo di esempio, comprensivo di: consulenza specialistica, bilancio di competenze).

Incontro domanda e offerta di lavoro, per facilitare l’utente nell’incontro con i datori di lavoro che abbiano presentato richieste di personale coerenti con il proprio profilo professionale e con i vincoli dichiarati (a titolo di esempio, comprensivo dell’attività di: acquisizione e gestione delle candidature, preselezione, raccolta e trattamento di auto-candidature, verifica della disponibilità utenti pre-selezionati per le candidature; azioni di intermediazione/promozione con i datori di lavoro; trattamento e registrazione dati nel sistema informativo).

Accompagnamento al lavoro, per supportare l’utente nella ricerca dell’occupazione e nel rafforzamento delle competenze (a titolo di esempio, comprensivo di: proposta di misure di formazione, tirocini, stage, consulenza per la promozione dell’auto-impiego).

Servizi per le imprese, per promuovere i servizi verso le imprese e rilevarne i fabbisogni e le richieste di prestazioni (a titolo di esempio, comprensivo di: erogazione di informazioni, servizi di consulenza normativa, screening dei fabbisogni di servizio e di personale, analisi del mercato di riferimento, orientamento circa le opportunità formative disponibili per l’adeguamento dei profili professionali aziendali ai fabbisogni formativi, preselezione delle aziende e selezione dei profili professionali rispondenti ai relativi fabbisogni).

Si tratta di una tematica che ha visto numerosi momenti di confronto tra le amministrazioni centrali e regionali, poiché impatta su una materia “nevralgica” che presenta ricadute notevoli sul sistema complessivo dei diritti e delle tutele dei lavoratori, soprattutto nei termini della costruzione di una reale connessione tra le misure attive che i servizi sono chiamati a porre in essere, gli strumenti di politica passiva fruiti da parte degli utenti dei servizi, le conseguenze in termini di status occupazionale del lavoratore derivanti dall’eventuale mancata adesione o dal rifiuto dei servizi proposti. Su tale versante, le modiche apportate dalla legge n. 92 del 2012, mutano ulteriormente lo scenario di riferimento, introducendo il concetto di livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e richiedendo, pertanto, un ragionamento complessivo da parte di tutti gli attori istituzionali per un effettivo adeguamento dei servizi per il lavoro ai parametri individuati dal legislatore nazionale, fermi restando gli standard migliorativi definiti a livello regionale. Sullo sfondo, inoltre, teniamo conto di alcune ipotesi di riforma complessiva dell’assetto del sistema dei servizi, con un’eventuale ricollocazione di alcune funzioni a livello centrale, che si profilano anche in connessione con i progetti in itinere di riordino istituzionale del sistema delle Province.