prima pagina indice del numero stampa questa pagina esporta in pdf Quaderno del 30 settembre 2020

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Sistema ITS – una sfida per l’innovazione

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Monitoraggio ITS 2020 – un rapido confronto

Il monitoraggio nazionale dei percorsi ITS 2020 (3), realizzato da Indire su incarico del Ministero dell’Istruzione, ha analizzato 187 percorsi terminati nel 2018, erogati da 84 Fondazioni ITS, su 104 costituite. I percorsi hanno visto la partecipazione di 4.606 studenti e 3.536 diplomati. La popolazione di riferimento degli ITS è composta prevalentemente da giovani di età compresa tra i 20 - 24 anni (il 44,3%), maschi (il 72,1%), provenienti dagli istituti tecnici (il 62,3%).

Considerato quanto detto in premessa il dato che spicca maggiormente è quello relativo al tasso di occupazione. Per quanto riguarda i diplomati ITS l’83% (2.920 unità) ha trovato lavoro ad un anno dall’ottenimento del titolo. Di questi il 92,4% (2.697 unità) in un’area coerente con il percorso di studi. Un dato che conferma l’efficacia e allo stesso tempo la capacità del sistema ITS di rispondere alle esigenze, in termini di competenze, del sistema produttivo. Questo per un fattore determinante sopra ogni altra cosa: lo stretto legame tra ITS e imprese. Il 70% dei docenti ITS proviene dal mondo del lavoro. E di sicuro non è un caso che, secondo una indagine qualitativa svolta da INDIRE, dell’81% dei diplomati ITS che si dichiara soddisfatto del percorso svolto, il maggior apprezzamento (93,5%) è stato dato alla qualità dei docenti.

Un legame, quello tra sistema produttivo ed ITS, che si concretizza nel cogliere la sfida vitale dell’innovazione: il 52% dei percorsi ITS utilizza le tecnologie abilitanti 4.0 nei percorsi. Secondo il Rapporto 2020 (XXII Indagine) di Almalaurea nel 2019 il tasso di occupazione dei laureati, che include anche quanti risultano impegnati in attività di formazione retribuita, è pari, a un anno dal conseguimento del titolo, al 74,1% tra i laureati di primo livello e al 71,7% tra i laureati di secondo livello del 2018; tra i laureati magistrali biennali il tasso di occupazione sale al 76,3%, mentre per i magistrali a ciclo unico si attesta al 62,8%. Si tratta semplicemente di un accostamento per meglio evidenziare i risultati di performance del sistema ITS, tenendo sempre in considerazione l’ampio divario in termini quantitativi che divide i due percorsi.

Il complesso dei laureati nel 2018 sono, sempre secondo i dati del Rapporto 2020 di Almalaurea, 650.000. Se consideriamo, come universo di riferimento, l’insieme dei laureati con i diplomati ITS nel 2018 questi ultimi rappresentano poco più dello 0,5% del totale.

Altro dato di interesse riguarda la qualità dell’occupazione misurabile sostanzialmente attraverso gli strumenti contrattuali utilizzati per l’assunzione e rilevando quindi il grado di stabilità dell’occupazione ottenuta. Il 40,8% degli occupati ITS è stato assunto con un contratto a tempo determinato o lavoro autonomo in regime agevolato, il 31,7% a tempo indeterminato o lavoro autonomo in regime ordinario e il 27,5% in apprendistato. Confrontando i dati di monitoraggio 2013-2018, i dati evidenziano la costante prevalenza del contratto a tempo determinato o lavoro autonomo in regime agevolato. Crescono gli occupati con contratto di apprendistato (dal 14,2% del 2014 al 27,5% del 2018). Sempre secondo i dati del Rapporto 2020 di Almalaurea, a un anno dall’ottenimento del titolo il contratto alle dipendenze a tempo indeterminato interessa il 25,6% degli occupati con laurea di primo livello e il 25,8% di quelli con laurea di secondo livello. I laureati assunti con un contratto non standard (in particolare alle dipendenze a tempo determinato) rappresentano il 38,7% dei laureati di primo livello e il 33,5% di quelli di secondo livello. Gli occupati assunti con un contratto formativo, invece, sono rispettivamente l’11,9% dei laureati di primo livello e il 15,9% di quelli di secondo livello. Ad un primo sguardo si potrebbe dire che la situazione occupazionale dei laureati e dei diplomati ITS è sostanzialmente sovrapponibile.

In buona sostanza viene rispettato l’andamento generale del mercato del lavoro che vede la quota di lavoro non-standard (NSE), in costante aumento pressoché ovunque (4). Per NSE si intendono tutte quelle forme contrattuali che si pongono al di fuori del contratto a tempo indeterminato e a tempo pieno: tempo determinato, part-time, a chiamata o altra forma di lavoro dipendente. Ciò anche in forza di una politica europea operante ormai da anni e che vede, tra i quattro pilastri della Strategia Europea per l'Occupazione (SEO) del 1997, l'adattabilità come flessibilità in entrata volta a favorire la diffusione dei contratti non standard applicabili ai diversi tipi di lavoro. Un termine distintivo è invece individuabile nei contratti di tipo formativo. I diplomati ITS fanno registrare una percentuale decisamente maggiore di utilizzo di contratti formativi come l’apprendistato rispetto ai laureati, probabilmente per la loro maggiore flessibilità didattica che permette alle aziende di co-progettare i percorsi sui propri specifici fabbisogni professionali.

Altro dato che sarebbe interessante confrontare per meglio comprendere e valutare la redditività dell’investimento formativo consiste nella retribuzione mensile netta ad un anno dal titolo. Secondo i dati Almalaurea - Rapporto 2020 per l’Università questo dato è pari a 1.210 euro per i laureati di primo livello e a 1.285 euro per i laureati di secondo livello. Attualmente questo dato per gli ITS non è disponibile all’interno del rapporto di monitoraggio INDIRE, ma disporre di tale informazione costituirebbe un importante parametro di confronto per valutare una ulteriore dimensione qualitativa di questo sistema formativo.

Altro dato di interesse per cercare di capire il livello di efficacia degli ITS consiste nel tasso di abbandono. Il 20,7% degli iscritti abbandona il percorso ITS. Il tasso più alto si riscontra per la fascia di età 30 e oltre (il 39,7%) e per il genere femminile (21,2%). Nei diversi anni di monitoraggio considerati, il tasso di abbandono è passato dal 22,3% per i percorsi terminati nel 2013 al 20,7% dell’ultimo monitoraggio. Sempre per avere un termine di paragone, secondo il “Rapporto biennale sullo stato del sistema Universitario e della Ricerca 2018” dell’ANVUR, la percentuale di abbandoni degli studi tra il I e il II anno dell’Università, uno snodo cruciale nella “carriera” degli studenti, in quattro anni è scesa da quasi il 15% a poco più del 12% degli immatricolati nel 2016/17, per i corsi triennali, dal 9,6% al 7,5% per quelli a ciclo unico. Il tasso di abbandono degli ITS, pur registrando una riduzione lenta ma costante, rimane ancora alto rispetto a quello del sistema universitario.


Note:

(3): Zuccaro, A. (a cura di), “Istituti Tecnici Superiori - Monitoraggio nazionale 2020”, INDIRE, Firenze, 2020.

 

(4): International Labour Organization – ILO (2016), "Non-Standard Employment around the world"



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