Quaderno del 26 giugno 2018
Esperienze
L’investimento nella formazione per i beni culturali. Il caso del Tecnico del restauro della Regione Veneto
Il contesto
di Santo Romano, Direttore Area Capitale Umano, Cultura e Programmazione Comunitaria - Fabio Menin, Direttore U.O. Programmazione e gestione FP e Istruzione
Regione Veneto
La Regione Veneto presenta un ricco e variegato patrimonio di interesse storico, artistico, architettonico ed archeologico. È la terza regione italiana, dopo Lazio e Toscana, per presenza di opere d’arte, tra l’altro con una capillarità molto estesa: oltre il 90% dei Comuni presenta una villa storica nel proprio territorio.
Un patrimonio talmente importante e diffuso che evidenzia anzitutto l’esigenza di mettere in atto un sistema formativo finalizzato al restauro e alla salvaguardia, che consenta di sviluppare figure professionali altamente qualificate.
In un momento in cui a livello nazionale la programmazione dell’offerta formativa si bloccava, in attesa di una definizione più chiara del quadro normativo, la Regione Veneto passava da una programmazione spot ad una programmazione annuale, consentendo ai potenziali corsisti di avere riferimenti certi e agli enti di formazione di sviluppare progetti di ristrutturazione, implementazione o addirittura acquisto di laboratori ed attrezzature, oltre che di consolidare collaborazioni fondamentali con docenti, professionisti e Soprintendenze. L’obiettivo è stato quello di dare respiro ad un sistema cruciale per un territorio a vocazione turistica e culturale.
Val la pena richiamare che dal 2010 le Regioni e le Province autonome, al termine di un lungo lavoro di approfondimento congiunto svolto dal Coordinamento tecnico della Commissione “Beni Culturali” e dal Coordinamento tecnico Professioni della Commissione “Istruzione, Lavoro, Innovazione e Ricerca”, hanno redatto un documento contenente gli elementi minimi comuni relativi alla figura di Tecnico del restauro di beni culturali. Tale proposta è stata adottata nell’ottobre 2011 dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e successivamente è stata trasmessa in Conferenza Stato-Regioni ai fini dell’istruttoria per l’adozione dell’Accordo.
Nella seduta del 25 luglio 2012 la Conferenza Stato-Regioni ha approvato il documento definitivo riguardante lo “Standard formativo e professionale del Tecnico del restauro di cui all’art. 2 del D.M. del 26 maggio 2009, n. 86”.
L’Accordo descrive lo standard professionale del Tecnico del restauro in termini di processi di lavoro, aree di attività, competenze, conoscenze essenziali e lo standard formativo con l’indicazione dei soggetti formatori, requisiti di ammissione, durata ed articolazione, esame finale ed attestazione. Inoltre vengono indicate le caratteristiche del corpo docente per le discipline tecniche di restauro teorico e di laboratorio/cantiere ed i requisiti minimi delle dotazioni per i laboratori di restauro.
In particolare va richiamato che l’Accordo dispone che almeno il 60% delle 2.700 ore del ciclo triennale debba essere dedicato ad attività pratiche, svolte per il 60% su manufatti qualificabili come beni culturali ai sensi della normativa vigente.
Il Tecnico del restauro è, quindi, una figura tecnica di alta specializzazione, che ha sviluppato conoscenze trasversali che gli consentono di intervenire su più tipologie di manufatti ed è in grado di interagire con gli altri professionisti del settore. L’esperienza formativa è maturata su beni vincolati e quindi consente di realizzare interventi di restauro su beni che altrimenti non sarebbero mai stati riscoperti.
Nel caso dell’esperienza veneta, gli interventi di restauro, su beni pubblici o ad uso pubblico ai quali collaborano i ragazzi nel corso della propria formazione, creano notevole empatia e coinvolgimento con la collettività e le realtà locali, in particolare a Venezia dove è necessaria una manutenzione periodica costante. Senza dire che l'attività di restauro contribuisce a sensibilizzare le persone sul valore dei manufatti artistici restaurati che spesso ritrovano funzione, forma e bellezza originari. In definitiva il valore sociale dell’intervento va ben oltre lo sviluppo delle competenze dei corsisti, si estende alle comunità locali nelle quali il bene riscoperto viene valorizzato e alla collettività nel suo complesso che si vede sensibilizzata rispetto all’importanza del proprio patrimonio, spesso misconosciuto.
L’articolazione triennale dei percorsi e la scelta di renderli strutturali nell’ambito dell’offerta regionale ha comportato un notevole impegno finanziario che ammonta, per il solo ultimo quinquennio, a quasi 13 milioni di euro, per la gran parte derivanti da fondi comunitari (FSE).
Grazie al poderoso investimento regionale, nell’autunno di ogni anno circa 80 giovani riescono ad avviare un percorso formativo che, nel giro di un triennio, li condurrà allo sviluppo di competenze tecnico professionali e che consentirà, non senza difficoltà, l’inserimento nel mercato del lavoro di settore.