prima pagina indice del numero stampa questa pagina esporta in pdf Quaderno del 26 giugno 2018

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I dati sui percorsi formativi in Veneto

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I dati sui percorsi formativi in Veneto

Alcune semplici analisi sui 248 utenti, iscritti al ciclo triennale nell’anno formativo 2017-2018, evidenziano alcuni interessanti spunti di riflessione. Anzitutto il background formativo che, lungi dal limitarsi al quinquennio di scuola secondaria di secondo grado, come previsto dall’Accordo del 2012, vede una percentuale molto rilevante di giovani - ben il 28% - già in possesso di un diploma di laurea, per la gran parte in Beni culturali. Come è evidente, lo sviluppo di un percorso formativo molto lungo, che non vede nella laurea un punto di arrivo ma quasi un punto di partenza per un ulteriore periodo triennale di formazione professionalizzante, apre una serie di riflessioni di rilevante importanza sistemica.

Anche l’età, di conseguenza, rappresenta un elemento di sicuro interesse. L’Accordo nazionale prevede l’accesso al ciclo triennale per i diplomati della secondaria di secondo grado. Di conseguenza l’età media dovrebbe attestarsi intorno ai 21 - 22 anni. In realtà, il percorso accademico precedente innalza l’età media di 4-5 anni.

Per quanto concerne alcune riflessioni in ordine al genere, i dati registrano oltre il 23% di utenza maschile il che dimostra una decisa riduzione del mito di una professione interamente al femminile. Nonostante una prevalenza notevolissima di giovani donne, il settore appare comunque molto interessante anche per gli uomini.

Infine un passaggio di grande rilevanza è relativo alla provenienza dei corsisti. Oltre il 18% dei corsisti proviene da fuori regione. E non solo da regioni contermini come ci si attenderebbe, ma anche da territori ben più lontani, che impongono al corsista non solo rilevanti costi di viaggio, ma anche di alloggio, a testimonianza della peculiarità dell’offerta regionale, gratuita e di alta qualità, e della motivazione che caratterizza, in particolare, gli iscritti a questa tipologia di servizio.

Uno dei temi di rilievo è rappresentato dalla difficoltà di integrazione tra i percorsi triennali per Tecnico del restauro e i percorsi quinquennali per Restauratore. Un tema che rischia di compromettere la possibilità di sviluppare prospettive professionali e ricadute occupazionali dei percorsi e che dovrà essere oggetto di approfondimento.

Come per tutti gli interventi di formazione professionale rivolta a giovani che aspirano all’inserimento nel mercato del lavoro, uno dei temi cruciali è quello dell’analisi dell’impatto, ovvero della trasformazione dello status occupazionale e in definitiva, della possibilità di vedere coronate dal successo le legittime aspirazioni del corsista.

A partire dal 2008-2009 e nelle annualità successive, il progressivo grave deterioramento della situazione economica e la contestuale riduzione degli investimenti pubblici e privati nel settore hanno comportato una rilevante contrazione degli inserimenti rispetto ai periodi precedenti. A conclusione dei cicli triennali successivi, nella primavera del 2015, è stata attivata un ricognizione diretta da parte degli uffici regionali nei confronti dei corsisti qualificatisi nelle annualità 2013 e 2014. L’ordinario modello di rilevazione del placement, effettuato sulla base dati del sistema informativo delle comunicazioni obbligatorie depositato presso Veneto Lavoro, ente strumentale regionale, è stato ritenuto non adeguato in ragione dell’elevato tasso di mobilità professionale di queste figure, che devono operare necessariamente nelle sedi dei beni culturali soggetti ad intervento di restauro. Precisamente i qualificati nel biennio considerato, distribuiti su 12 corsi, sono stati 138. Al 75% di questi, precisamente 103 unità, è stato possibile somministrare una intervista semistrutturata attraverso un contatto telefonico diretto. Oltre ad altre informazioni, è stato approfondito il tema degli esiti occupazionali e, in base a quanto dichiarato dagli intervistati, si è registrato che solo il 55% degli ex corsisti, a conclusione del ciclo triennale, ha trovato occupazione coerente con il percorso formativo.

Infine, da segnalare anche che quasi la metà di coloro che hanno dichiarato di essere disoccupati al momento della rilevazione, ha precisato di avere comunque effettuato esperienze lavorative coerenti, successive al conseguimento della qualifica. In molti casi si è trattato di esperienze di stage non curricolare con una durata media di circa 4 mesi, ma si registrano esperienze non sporadiche anche di un anno. In ogni caso, quasi nessuno ha abbandonato l’idea di inserirsi nello specifico settore: il 91% ha dichiarato che intende proseguire nella ricerca di un’occupazione coerente.

È da tenere presente anche la specificità di questo settore, dal momento che i contratti sono sempre correlati alla presenza di un cantiere di restauro. Raramente il passaggio da un cantiere all’altro avviene senza soluzione di continuità. Di qui, probabilmente, deriva il numero dei disoccupati, ma con esperienze professionali coerenti.

In conclusione, nonostante il periodo particolarmente difficile per il sistema economico nel suo complesso e per il settore del restauro dei beni culturali in particolare, con le relative ricadute in termini di inserimento occupazionale, possiamo dire che la percentuale lorda degli occupati, cioè la somma degli occupati al momento dell’intervista e di quanti hanno dichiarato di avere avuto almeno un'esperienza professionale coerente successiva al conseguimento della qualifica, si attesta sul 76%.

In ogni caso si rileva una sostanziale assenza di abbandono del settore: sia occupati in contesti diversi, sia disoccupati al momento della rilevazione dichiarano di volersi inserire nel settore del restauro dei beni culturali.

Al netto della limitatezza del campione che impone una prudente lettura del dato, appare evidente una situazione di criticità che, unita all’interlocuzione con le Associazioni maggiormente rappresentative, ha imposto di attivare una sempre più stretta sinergia tra soggetti formatori e rappresentanze del sistema, che consenta di monitorare attentamente i fabbisogni professionali del sistema produttivo di riferimento e potenzialmente confluire in una struttura di relazione permanente, che abbia anche funzioni di osservatorio degli esiti occupazionali. L’obiettivo comune è naturalmente quello di assicurare le competenze che servono, dove servono e quando servono, evitando di frustrare le legittime aspettative di vita e professionali dei giovani, ma anche di penalizzare un sistema che probabilmente sta attraversando uno dei momenti più complessi della sua storia.

Anche per questo, l’avviso 2017 ha avviato una linea sperimentale di offerta formativa, oltre a quella indirizzata ai giovani avviati al percorso a qualifica, rivolta agli operatori del settore. Gli esiti di tale attività saranno oggetto di una specifica analisi e consentiranno di indirizzare la programmazione futura.

Si tratta di dare continuità e struttura ai momenti di confronto ed interlocuzione, di collaborare - ciascuno per la propria parte di responsabilità – alla rilevazione dei fenomeni, alla individuazione delle possibili soluzioni, al monitoraggio delle diverse fasi di sviluppo.



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