prima pagina indice del numero stampa questa pagina esporta in pdf Quaderno del 29 settembre 2023

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Sanzioni (decadenza dal beneficio, responsabilità e sospensione)


Sanzioni (decadenza dal beneficio, responsabilità e sospensione)

L’articolo 8 prevede le sanzioni e le varie forme di responsabilità (penale, contabile e disciplinare) correlate all’indebita percezione del beneficio. Vengono, dunque, disciplinate le sanzioni penalmente previste (nello specifico, la reclusione) per le fattispecie correlate all’indebita percezione del beneficio economico, tra cui il rilascio o utilizzo di dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere; l’omissione di informazioni dovute; l’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini del mantenimento del beneficio. In caso di condanna in via definitiva del beneficiario per tali reati e per un delitto non colposo che comporti l’applicazione di una pena non inferiore a un anno di reclusione, nonché in caso di applicazione con provvedimento definitivo di una misura di prevenzione da parte dell’autorità giudiziaria, consegue, di diritto, l’immediata decadenza dal beneficio e il beneficiario è tenuto alla restituzione di quanto indebitamente percepito.

La decadenza è comunicata al beneficiario dall’INPS e il beneficio non può essere nuovamente richiesto prima che siano decorsi dieci anni dalla definitività della sentenza oppure dalla revoca, o, comunque, dalla perdita o cessazione degli effetti del decreto di applicazione della misura di prevenzione.

Il comma 6 dell’articolo disciplina i casi nei quali il nucleo familiare che percepisce l’Assegno di inclusione decade dal beneficio. In particolare, si prevede la decadenza dal beneficio economico del nucleo familiare, se un componente del nucleo tenuto agli obblighi relativi al percorso personalizzato di inclusione sociale e lavorativa (articolo 6 del DL):

a) non si presenta presso i servizi sociali o il servizio per il lavoro competente nel termine fissato, senza un giustificato motivo;

b) non sottoscrive il patto per l’inclusione o il patto di servizio personalizzato, di cui all’articolo 4, salvi i casi di esonero;

c) non partecipa, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o ad altra iniziativa di politica attiva o di attivazione, comunque denominate, nei quali è inserito dai servizi per il lavoro, secondo quanto previsto dal patto di servizio personalizzato, ovvero non rispetta gli impegni concordati con i servizi sociali nell’ambito del percorso personalizzato;

d) non accetta, senza giustificato motivo, una offerta di lavoro ai sensi dell’articolo 9 della legge, relativamente ai componenti del nucleo attivabili al lavoro;

e) non rispetta le previsioni di cui all’articolo 3, riguardanti le condizioni e i requisiti di accesso alla misura e al suo mantenimento e la comunicazione delle sue variazioni, ovvero effettua comunicazioni mendaci producendo un beneficio economico maggiore;

f) non presenta una DSU aggiornata in caso di variazione del nucleo familiare;

g) viene trovato, nel corso delle attività ispettive svolte dalle competenti autorità, intento a svolgere attività di lavoro, senza aver provveduto alle prescritte comunicazioni di cui all’articolo 3.

La disposizione introduce un regime di condizionalità specifico per i beneficiari dell’Assegno, più severo di quello in origine vigente per i beneficiari di Reddito di cittadinanza (reso, a sua volta, più rigoroso dalla Legge di Bilancio 2022) e di quello tuttora esistente per i beneficiari di Naspi (art. 21 del D. Lgs. n. 150/2015). Va notato che le Regioni chiedono da tempo l’applicazione di un solo regime di condizionalità per tutti i beneficiari di provvidenze collegate alle politiche attive, in una prospettiva di unitarietà della disciplina e di razionalizzazione dell’attività dei servizi. Tale regime di condizionalità si applica anche ai percettori del Supporto per la formazione e il lavoro che, come si vedrà a breve, prevede un beneficio economico più esiguo, che si configura come un’indennità di partecipazione alle politiche attive. Alcuni aspetti operativi riguardanti la gestione della condizionalità andranno chiariti; ad esempio, occorre specificare le modalità di verifica delle assenze, in relazione alla mancata “presentazione” ad un appuntamento o alla mancata “partecipazione” ad un’attività che presuppone uno svolgimento continuativo. Parimenti, occorre coordinare le norme della lettera a) del comma 6, con quelle dell’art. 4, comma 4 della legge, che prevede la sanzione della sospensione del beneficio economico, nel caso in cui i beneficiari dell’Assegno di inclusione non si presentino presso i servizi sociali ogni 90 giorni per aggiornare la propria posizione. Va, inoltre, precisato se tale sospensione abbia una durata massima, oltre la quale si decade dal beneficio.

L’articolo specifica come gli indebiti recuperati, al netto delle spese di recupero, saranno riversati dall’INPS all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al «Fondo per il sostegno alla povertà e per l’inclusione attiva». In tutti i casi di revoca o decadenza dal beneficio, l’INPS dispone l’immediata disattivazione della Carta di inclusione.

Nei casi diversi da quelli di cui al comma 3 dell’articolo (condanna in via definitiva per i reati previsti, ovvero applicazione con provvedimento definitivo di una misura di prevenzione), il beneficio può essere richiesto da un componente il nucleo familiare solo decorsi sei mesi dalla data del provvedimento di revoca o decadenza.

La norma, al comma 10, stabilisce che tutti i soggetti che accedono al SIISL mettono a disposizione, immediatamente e comunque non oltre dieci giorni dalla data dalla quale ne sono venuti a conoscenza, attraverso il medesimo sistema informativo, le informazioni sui fatti suscettibili di dar luogo alle sanzioni di cui all’articolo in esame. Si prevede, altresì, che l’INPS, per il tramite del SIISL, metta a disposizione dei centri per l’impiego e dei comuni gli eventuali conseguenti provvedimenti di revoca o decadenza dal beneficio. Nei casi di dichiarazioni mendaci e di conseguente accertato illegittimo godimento del beneficio, i soggetti preposti ai controlli e alle verifiche trasmettono all’autorità giudiziaria, entro dieci giorni dall’accertamento, la documentazione completa relativa alla verifica. Rispetto a tali previsioni, le Regioni nel corso dell’esame tecnico del provvedimento hanno segnalato la necessità di implementare un sistema di interoperabilità in tempo reale tra Servizi sociali, CPI e INPS per la comunicazione delle sanzioni e, soprattutto, di eventuali revoche delle stesse. Il DM sul SIISL dell’8 agosto 2023, con i relativi allegati tecnici, elenca tra le funzionalità della Piattaforma SIU anche la messa a disposizioni dei servizi per il lavoro di tali informazioni necessarie alla gestione della condizionalità.

I Comuni sono responsabili delle verifiche e dei controlli anagrafici, attraverso l’incrocio delle informazioni dichiarate ai fini ISEE con quelle disponibili presso gli uffici anagrafici e quelle raccolte dai servizi sociali e ogni altra informazione utile per individuare omissioni nelle dichiarazioni o dichiarazioni mendaci al fine del riconoscimento del beneficio. Il mancato o non corretto espletamento dei controlli e delle verifiche previste dal presente capo del DL, nonché la mancata comunicazione dell’accertamento dei fatti suscettibili di dar luogo alla revoca o alla decadenza dal beneficio, determinano la responsabilità amministrativo contabile del personale delle amministrazioni interessate, degli altri soggetti incaricati e, comunque, preposti allo svolgimento delle citate funzioni. La norma prevede altresì che le condotte siano valutate ai fini dell’accertamento della responsabilità disciplinare dell’autore. Dispone, altresì, che l’aumento del 20% delle sanzioni nel caso di lavoro irregolare, previste dall’articolo 3, comma 3-quater, del DL n. 12/2002, si applichi anche nel caso di impiego di lavoratori beneficiari dell’Assegno di inclusione o del Supporto per la formazione e il lavoro.

Si prevede la sospensione dell’erogazione del beneficio nei confronti del beneficiario o del richiedente cui è applicata una misura cautelare personale oppure uno dei provvedimenti non definitivi di cui al comma 3 dell’articolo. La medesima sospensione si applica anche nei confronti del beneficiario o del richiedente dichiarato latitante o che si è sottratto volontariamente all’esecuzione della pena. I provvedimenti di sospensione sono adottati con effetto non retroattivo, rispettivamente, dal giudice che ha disposto la misura cautelare, dal giudice che ha emesso la sentenza di condanna non definitiva, dal giudice che ha dichiarato la latitanza, dal giudice dell’esecuzione su richiesta del pubblico ministero che ha emesso l’ordine di esecuzione ovvero dal giudice che ha disposto la misura di prevenzione con provvedimento non definitivo. I provvedimenti di sospensione sono comunicati dall’autorità giudiziaria, entro il termine di quindici giorni dalla loro adozione, all’INPS per l’inserimento nelle piattaforme di cui all’articolo 5 che hanno in carico la posizione dell’indagato o imputato o condannato. La sospensione del beneficio può essere revocata dall’autorità giudiziaria che l’ha disposta, quando risultano mancare, anche per motivi sopravvenuti, le condizioni che l’hanno determinata.

Ai fini del ripristino dell’erogazione degli importi dovuti, l’interessato deve presentare domanda al competente ente previdenziale, allegando la copia del provvedimento giudiziario di revoca della sospensione della prestazione. Le risorse derivanti dai provvedimenti di sospensione sono accantonate dall’INPS fino al momento in cui viene accertata la quota delle stesse, comunque, spettante ai soggetti interessati dal provvedimento di revoca. La restante parte delle risorse è versata all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnata ai capitoli di spesa corrispondenti al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell’usura e dei reati intenzionali violenti, nonché agli orfani dei crimini domestici, e agli interventi in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.