prima pagina indice del numero stampa questa pagina esporta in pdf Quaderno del 29 settembre 2023

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Percorso personalizzato di inclusione sociale e lavorativa


Percorso personalizzato di inclusione sociale e lavorativa

La legge, all’art. 6, disciplina il percorso personalizzato di inclusione sociale o lavorativa al quale i nuclei familiari beneficiari dell’Assegno di inclusione, una volta sottoscritto il patto di attivazione digitale, sono tenuti ad aderire.

Tale percorso viene definito nell’ambito di uno o più progetti finalizzati a identificare i bisogni del nucleo familiare nel suo complesso, nonché quelli dei singoli componenti. Ai fini dell’identificazione di tale percorso, si fa ricorso ad una valutazione multidimensionale (come già previsto dall’articolo 4, comma 5), che è effettuata da operatori del servizio sociale competente del comune o dell’ambito territoriale sociale. Ove necessario, la valutazione multidimensionale è svolta attraverso una équipe multidisciplinare definita dallo stesso servizio sociale, coinvolgendo operatori afferenti alla rete dei servizi territoriali, con particolare riferimento ai servizi per l’impiego, la formazione, le politiche abitative, la tutela della salute e l’istruzione.

Rispetto a tale previsione, come ricordato, le Regioni, in occasione dell’istruttoria sul provvedimento, hanno ribadito l’opportunità di disciplinare con apposite linee guida il rapporto tra servizi sociali e CPI nella gestione di questi beneficiari, affinché la valutazione sull’occupabilità sia effettuata in modo congiunto e la decisione sia assunta in modo condiviso, eventualmente (ma non necessariamente) attraverso équipe multidisciplinare. A tal proposito, nella legge di conversione è stato inserito, al comma 10 dell’articolo 6, un rimando ad un decreto del Ministro del Lavoro, da adottare previa intesa della Conferenza Unificata, per l’approvazione di linee guida finalizzate alla costruzione di Reti di servizi connesse all’attuazione dell’Assegno di inclusione. Tale decreto potrebbe rappresentare la sede idonea per regolare le modalità di rapporto tra servizi sociali e CPI nella gestione dei beneficiari dell’Assegno.

Nei casi previsti dall’articolo 4, comma 5 – componenti del nucleo familiare, di età compresa tra 18 e 59 anni attivabili al lavoro che, a seguito della valutazione multidimensionale, vengono avviati ai centri per l’impiego, ovvero presso i soggetti privati accreditati ai servizi per il lavoro - viene sottoscritto il patto di servizio personalizzato di cui all’articolo 20 del D. Lgs. n. 150/ 2015, che può prevedere l’adesione ai percorsi formativi previsti dal Programma nazionale per la Garanzia di occupabilità dei Lavoratori (GOL), di cui alla Missione M5, componente C1, del Piano nazionale per la ripresa e resilienza. Con riferimento a tale richiamo, le Regioni hanno sottolineato come il patto di servizio personalizzato vada effettuato secondo le metodologie e gli strumenti definiti nell’ambito del Programma GOL, che costituisce il perno dell’azione di riforma nell’ambito delle politiche per il lavoro delineata nel PNRR. Gli strumenti e i metodi definiti in quest’ambito devono, pertanto, costituire un livello essenziale delle prestazioni non eludibile.

La norma dispone per i componenti del nucleo familiare maggiorenni, che esercitano la responsabilità genitoriale, non già occupati e non frequentanti un regolare corso di studi, e che non abbiano carichi di cura, l’obbligo di adesione e di partecipazione attiva a tutte le attività formative, di lavoro, nonché alle misure di politica attiva, comunque denominate, individuate nel progetto di inclusione sociale e lavorativa. I componenti con disabilità, o di età pari o superiore a sessanta anni, o inseriti nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere possono comunque richiedere l’adesione volontaria a un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale.

Fatti salvi tali casi, sono esclusi dagli obblighi di adesione e di partecipazione attiva alle attività individuate nel progetto di inclusione sociale e lavorativa: a) i beneficiari dell’Assegno di inclusione titolari di pensione diretta o comunque di età pari o superiore a sessanta anni; b) i componenti con disabilità, ai sensi della legge n. 68/1999, fatta salva ogni iniziativa di collocamento mirato; c) i componenti affetti da patologie oncologiche; d) i componenti con carichi di cura, valutati con riferimento alla presenza di soggetti minori di tre anni di età, di tre o più figli minori di età, ovvero di componenti il nucleo familiare con disabilità o non autosufficienza; e) i componenti inseriti nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere e le donne vittime di violenza, con o senza figli, prese in carico dai centri antiviolenza riconosciuti dalle Regioni o dai servizi sociali nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere.

In sede di conversione in legge del provvedimento, sono state inserite due previsioni nell’ambito dell’articolo 6, con riguardo al percorso personalizzato.

La prima (art. 6, comma 5- bis) concerne la possibilità di prevedere all’interno del percorso l’impegno alla partecipazione a progetti utili alla collettività (cd. PUC) - a titolarità dei Comuni o di altre amministrazioni pubbliche a tal fine convenzionate con i primi – in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni. Tali attività sono da svolgere nel comune di residenza, compatibilmente con le altre attività del beneficiario; sono a titolo gratuito e il loro svolgimento non è assimilabile ad una prestazione di lavoro subordinato o parasubordinato, né comporta l’instaurazione di pubblico impiego con l’amministrazione pubblica. Equivale alla partecipazione ai PUC, ai fini della definizione degli impegni nell’ambito dei Patti per l’inclusione sociale, la partecipazione d’intesa con il Comune ad attività di volontariato presso gli enti del Terzo settore ed a titolarità degli stessi, da svolgere nel comune di residenza nei medesimi ambiti di intervento. La norma rimanda ad un decreto ministeriale, da assumere previa intesa della Conferenza Unificata, la definizione delle modalità e dei termini di attuazione di tali previsioni. Inoltre, specifica che gli oneri assicurativi connessi alla partecipazione a tali attività sono sostenuti a valere sulle risorse del Fondo per la lotta alla povertà, nonché sulle risorse dei fondi europei con finalità compatibili, ove previsto dai relativi atti di programmazione. I progetti di utilità collettiva, come noto, erano stati già previsti nella legge n. 26/2019, con riferimento alla misura del Reddito di cittadinanza; lo strumento, abrogato a decorrere dal 1° gennaio 2024 in ragione della Legge di Bilancio 2023, viene ora reintrodotto.

La seconda previsione (art. 6, comma 5 – ter) recepisce un’istanza largamente rappresentata dalle Regioni e concernente l’introduzione di modalità semplificate di convocazione degli utenti da parte dei servizi competenti. In particolare, si prevede che la convocazione dei beneficiari attivabili al lavoro, nonché dei richiedenti la misura e dei relativi nuclei da parte dei comuni, possa essere effettuata per il tramite della Piattaforma informatica, ovvero mediante altri mezzi, quali messaggistica telefonica o posta elettronica, utilizzando i contatti a tal fine forniti dai beneficiari, secondo modalità definite con Accordo di Conferenza Unificata. Le Regioni più volte hanno richiesto norme di semplificazione sulla convocazione degli utenti, che devono poter essere effettuate anche per il tramite di mezzi digitali e avere comunque valore legale. In sede di parere sul provvedimento, era stato proposto un emendamento per snellire e unificare le modalità di convocazione di tutti gli utenti da parte dei centri per l’impiego, estendendo a tutte le categorie di utenti il sistema di convocazione semplificato già delineato per i percettori del Reddito di cittadinanza dall’art. 4, comma 15-quinquies, della legge n. 26/2019, successivamente abrogato a decorrere dal 1° gennaio 2024. La legge n. 85 accoglie questa richiesta, ma la circoscrive solo ai beneficiari dell’Assegno e del Supporto e non a tutte le categorie.

Ai sensi del comma 6, i servizi territoriali operano in stretto raccordo con gli enti del Terzo settore, di cui al D. Lgs. n. 117/2017. L’attività di tali enti è riconosciuta, agevolata e valorizzata da parte dei competenti servizi. Sulla base di specifici accordi di reciproco riconoscimento a livello comunale o di ambito territoriale sociale, gli operatori del servizio sociale e delle équipe multidisciplinari includono nella progettazione personalizzata, ovvero nelle attività di supervisione, monitoraggio e supporto in costanza di rapporto di lavoro, ove opportuno, attività svolte dagli enti del Terzo settore o presso i medesimi.

Le Regioni e le PA possono stabilire che la sottoscrizione del patto di servizio personalizzato e la relativa presa in carico del beneficiario dell’Assegno di inclusione attivabile al lavoro siano effettuate presso i soggetti accreditati ai servizi per il lavoro, mediante il sistema informativo di cui all’articolo 5. Ciò avviene già in alcune realtà regionali, alla luce della specifica normativa regionale di regolazione del mercato del lavoro.

I servizi per la definizione dei percorsi personalizzati e i sostegni in essi previsti costituiscono livelli essenziali delle prestazioni nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente. Con un decreto ministeriale, da assumersi previa intesa della Conferenza Unificata, sono approvate linee guida per la costruzione delle reti di servizi connessi all’attuazione dell’Assegno; come rilevato, a tali linee guida potrà essere affidata la disciplina del raccordo tra servizi sociali e servizi per il lavoro nell’attuazione della misura.