prima pagina indice del numero stampa questa pagina esporta in pdf Quaderno del 28 dicembre 2016

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La programmazione del Fse, cosa cambia per il 2014/2020

In questa sezione:


Nuovi e vecchi strumenti per ottenere una maggiore concentrazione, ma su quali risultati?

La tipologia dei risultati da raggiungere con il Fse appare piuttosto varia: avendo già fatto riferimento agli obiettivi di EU 2020 e a quelli di una sana governance economica, che rimangono sullo sfondo, il primo genere di risultato su cui in Italia appare lecito soffermarsi è quello relativo al pieno utilizzo delle risorse finanziarie a disposizione.

Dal 2000 ad oggi, nonostante gli innegabili problemi e i diversi espedienti che in alcuni casi sono stati utili, il Fse è stato impegnato ben oltre il 100% sia nel 2007-2013, sia nel 2000-2006, rispettivamente in termini assoluti più di 12 miliardi di euro e quasi 14 miliardi di euro (18).

Per quanto concerne i dati del pagato dai beneficiari, la programmazione 2000-2006 è arrivata al traguardo del 100%, mentre i dati regionali della 2007-2013, al 30 giugno 2015, vanno oltre l’87% (19). Alla luce dell’andamento della spesa nel secondo semestre del 2014 il dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione prevede che si potrebbe “centrare l’obiettivo del pieno utilizzo delle risorse”; inoltre, rispetto alla media europea delle spese certificate e pagate da Bruxelles, l’Italia si colloca immediatamente sotto il valore medio, con una performance migliore rispetto a Francia, Regno Unito, Belgio e Olanda (20).

Relativamente ai risultati sul piano finanziario, per la Commissione europea evidentemente è rilevante anche il tempo che si impiega a spendere i soldi, tanto da aver inserito, già nella programmazione 2000-2006, la regola del disimpegno automatico N+2, confermata nel 2007-2013, in base alla quale i soldi non spesi entro due anni da quando la Commissione li ha impegnati sul proprio bilancio vengono tolti dalla disponibilità dell’AdG che non li ha spesi. Questo tipo di risultato sulla velocità di spesa è stato oggetto di minor considerazione e si è quindi ampliato il tempo di spesa fino a tre anni: per il 2014-2020 varrà la regola dell’N+3 (21).

Tuttavia la maggiore concentrazione ai risultati, riutilizzando uno strumento già previsto nella 2000-2006, passa anche attraverso l’introduzione di una riserva finanziaria di performance: il 6% delle risorse di ciascun programma sarà sottoposto ad una verifica di efficacia dell’attuazione da parte della Commissione nel 2019 e potrà essere effettivamente utilizzato solo nel caso questa verifica abbia esiti positivi. In pratica in ogni PO Fse, per ogni asse, sono stati inseriti dei target quantificati da raggiungere entro il 2018, sia per un indicatore finanziario relativo alle spese certificate a Bruxelles, sia per uno o più indicatori di realizzazione relativi ai partecipanti.

Tutto sommato, quindi, anche nel 2000-2014, la capacità di spesa, ossia i risultati di tipo finanziario, continuano a rimanere centrali nella valutazione della Commissione sull’efficacia di un programma operativo, così come l’importanza attribuita alle realizzazioni fisiche.
Il secondo tipo di risultato al quale ci si può riferire è appunto quello relativo alle realizzazioni fisiche che si sono raggiunte con il Fse in termini di progetti e di destinatari (22). Nel 2000-2006 i progetti conclusi dalle sole Regioni dell’Obiettivo 3 erano oltre 320.000 per oltre 5 milioni di destinatari (23); mentre dai dati disponibili sui Rapporti annuali di esecuzione di tutte le Regioni per il 2007-2013, al 31 dicembre 2014, risultano conclusi 722.945 progetti e raggiunti 4.545.757 destinatari (24).

I risultati in senso stretto, tecnicamente gli indicatori di risultato, nel corso delle passate programmazioni sono stati oggetto di individuazione e interpretazione eterogenea da parte dei gestori dei fondi strutturali, ma di tale vulnus le istituzioni europee si sono occupate inserendo nella programmazione 2014-2020 indicatori di risultato comuni obbligatori (25). Per il Fse ogni AdG dovrà trasmettere alla Commissione, nella Relazione di attuazione, i dati relativi a numerosi indicatori non solo di realizzazione sui partecipanti, ma anche di risultato, tra cui ad esempio, dopo l’intervento di Fse, quanti partecipanti trovano un lavoro dalla conclusione del corso di formazione, quanti inattivi cercano lavoro, quanti intraprendono studi o corsi di formazione, quanti ottengono una qualifica. E la rilevazione sarà a breve (nell’immediatezza della conclusione dell’azione finanziata dal Fse) e a lungo temine (entro sei mesi dalla conclusione dell’azione). Attraverso questo genere di dati sarà possibile anche valutare gli impatti dell’intervento del Fse e quindi il suo contributo al raggiungimento dei target italiani di UE 2020, su cui appare senz’altro più complesso dimostrare il collegamento con gli interventi finanziati dai fondi.

Sempre in un’ottica innovativa più orientata ai “risultati in senso stretto” si può leggere l’introduzione delle condizionalità ex ante, prerequisiti dei sistemi nazionali o regionali in cui si realizzano le azioni finanziate, necessari per il raggiungimento degli obiettivi corrispondenti alle priorità di investimento. Tuttavia nella maggior parte dei casi per il Fse la condizione non appariva particolarmente significativa o comunque in molti casi si è ridotta ad una verifica formale dell’esistenza di atti. Trasversalmente alle Regioni, per il Fse, solo due condizionalità ex ante - sugli Aiuti di Stato e sugli Appalti - potrebbero determinare qualche difficoltà.

Infine nel 2014-2020 non pare ancora aver trovato effettività la semplificazione delle regole di gestione e controllo che, invocata da decenni a livello europeo, nazionale e regionale, sarebbe un ottimo strumento per agevolare il raggiungimento di tutti i tipi di risultato ricordati. A fronte dell’inserimento di ulteriori forme di semplificazione dei costi (modalità di rendicontazione su cui si iniziano a nutrire alcuni dubbi in considerazione degli oneri ulteriori in termini di controlli), sono state modificate le previsioni sui sistemi di gestione e controllo sia inserendo nuovi adempimenti, tra cui ad esempio la designazione dell’AdG, sia ridisegnando i flussi finanziari tra Stati e Commissione con la presentazione annuale dei conti che non appare certo come una semplificazione.

Pertanto non è la complessità del quadro programmatorio (di fatto sebbene sia cambiata la terminologia, l’articolazione e i contenuti non sono sostanzialmente modificati) a rendere difficile l’utilizzo dei fondi, ma, da un lato, la complessità delle regole europee che devono tenere in considerazione i sistemi di 28 Stati membri nonché le esigenze di un’amministrazione composita come la Commissione europea, e dall’altro lato, con particolare gravità per il Fse negli ultimi anni in Italia, la governance multilivello che appare assai articolata ed eccessivamente instabile (26).


Note:

(18): In questo caso le cifre sono comprensive del cofinanziamento nazionale.

 

(19): Per i dati finanziari del 2000-2006 si è utilizzato il “Monitoraggio interventi comunitari programmazione 2000-2006” del Dipartimento Ragioneria Generale dello Stato (cfr bollettini statistici, 06/2010 distinto per Obiettivo 1 e 3, consultabili su http://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/Attivit--i/Rapporti-f/Le-Pubblic/Le-politic/). Per i dati sul 2007-2013 ci si riferisce ai dati del monitoraggio trimestrale dell’Igrue, consultabile al link: http://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/Attivit--i/Rapporti-f/Il-monitoraggio/

 

(20): Informazioni pubblicate sui siti istituzionali del DPS e della Commissione europea.

 

(21): La “maggiore attenzione agli effetti delle politiche” sembra legata ad “un minore vincolo dell’assorbimento finanziario”: A. Naldini “Lo stato della valutazione della politica di coesione in Italia” in “Prove di valutazione. Libro bianco sulla valutazione in Italia” a cura di A. Vergani, FrancoAngeli.

 

(22): Sebbene qualcuno ritenga che gli indicatori di realizzazione non abbiano alcun valore (cfr. R. Perotti e F. Teoldi “Il disastro dei fondi strutturali europei”, lavoce.info, 2014), a livello europeo si fa riferimento a questo tipo di indicatori dal 2000, forse perché si parte dalla considerazione che la formazione è una forma di investimento che vale comunque la pena di intraprendere sebbene gli esiti non siano sempre certi. Sull’utilizzo del Fse in Europa sono consultabili numerose pubblicazioni tra cui quelle al seguente link https://bookshop.europa.eu/it/fondo-sociale-europeo-cbViUKABstc4wAAAEjnpAY4e5L/

 

(23): Ricognizione dai rapporti finali di esecuzione delle Regioni Ob. 3 elaborata nel dossier “La chiusura dei PO 2000-2006: tra passato e futuro” in QT n. 44, FrancoAngeli, 2011. 

 

(24): I dati sono frutto di un’elaborazione di Tecnostruttura dai RAE 2014 dei POR Fse rispetto ai dati rinvenibili sul sito della Commissione europea, rispettivamente 500.000 progetti e 6,6 milioni di destinatari, si riscontra una differenza in difetto sui progetti imputabile probabilmente alla differente data di rilevazione, mentre sui destinatari nel sito europeo ci si riferisce anche agli interventi dei PON. Per i dati complessivi sulla programmazione 2007/2013 sarà necessario attendere i documenti di chiusura della stessa, disponibili a partire da marzo 2017.

 

(25): Per il 2000-2006 le valutazioni sui risultati sono state numerose in Italia, condotte soprattutto dall’Isfol (consultabili in gran parte al seguente link http://bw5.cilea.it/bw5ne2/opac.aspx?WEB=ISFL&IDS=5640). In particolare “La Valutazione degli interventi del Fondo sociale europeo 2000-2006 a sostegno dell’occupazione” Indagini placement Ob. 3, 2006: da tale studio emerge che i due terzi dei partecipanti ad azioni finanziate dal Fse risulta occupato ad un anno dall’intervento. Per le Regioni del Mezzogiorno: “Indagine sugli esiti occupazionali degli interventi finalizzati all’occupabilità cofinanziati dal FSE 2000-2006 nelle Regioni Ob. 1”. In quest’area del Paese i risultati sono assai più bassi collocandosi poco sopra un quinto dei partecipanti occupati ad un anno. Per una riflessione più complessiva, ma basata su dati al 2004, si veda “Valutazione finale del QCS dell’Ob. 3 2000-2006” e a livello europeo il “Final report for the ex-post evaluation of the ESF (2000 – 2006)”. Per il 2007-2013 si può consultare il “Final synthesis report: main ESF achievements, 2007-2013”, ESF Expert Evaluation Network, 2014, che per l’Italia riporta al 2012 un dato stimato e parziale di 220.000 ingressi nel mercato del lavoro, oltre 990.000 qualificati e oltre 30.000 in autoimpiego. Nelle conclusioni del rapporto si evidenzia l’importanza di migliorare la raccolta dei dati sui risultati.

 

(26): Per una riflessione anche in prospettiva storica della governance in Italia si veda E. Domorenok, “Le sfide della politica di coesione europea: la governance multilivello e l’efficacia nella gestione dei Fondi strutturali in Italia”, in Istituzioni del Federalismo, bimestrale di studi giuridici e politici della Regione Emilia-Romagna, 2014.



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